Sucker Punch - La Recensione

Zack Snyder l’ibrido regista autore del non entusiasmante “300” e del buonissimo “Watchmen” finalmente si rivela. Gli serviva un progetto come “Sucker Punch” per identificarsi completamente, un lavoro interamente scritto e diretto personalmente, in cui non c’e alcun vincolo né fumettistico né di qualsiasi altro genere. Ed è proprio nella mancanza di vincoli che un film come “Sucker Punch” riesce nel suo tentativo.

Babydoll (Emily Browning), una ragazza a cui è appena morta la madre, uccide involontariamente la sorella con l’intento di salvarla dalle grinfie del viscido padrino. Accusata di omicidio verrà portata in un manicomio in cui sarà successivamente lobotomizzata. Solo rifugiandosi all’interno della sua mente potrà cercare il modo di salvarsi.

Un’Alice nel Paese delle Meraviglie con i Mitragliatori”, in questo modo Zack Snyder aveva descritto il suo film quando era ancora in fase di produzione. Il riferimento però adesso non sembra poi così calzante. “Sucker Punch” non ricorda assolutamente Alice, sembra più un enorme giocattolone stile “Kill Bill” che ha continuamente degli assi nella manica da giocare per sorprendere lo spettatore e lasciarlo stupefatto.

Una cornice meravigliosa fatta di scenari "super cool", tantissima azione, combattimenti maestosi e pezzi musicali ultra cazzuti. Un film completamente femminista e fuori di testa, dove gli uomini appaiono tutti malvagi e dominatori spietati del sesso opposto all’eccezione di un’ unico indefinito (la guida). In questo modo Snyder esalta metaforicamente la figura della donna. Non solo grazie alla bellezza delle cinque attrici protagoniste ma con dei riferimenti fatti di danza e sensualità che insinuano la debolezza dell’uomo di fronte al corpo femminile. Un’arma che non deve arrivare mai necessariamente al rapporto vero e proprio ma che funziona alla perfezione anche quando si ferma alla seduzione: in questo caso con alcuni balli che “noi pubblico” non vedremo mai realmente ma solo sottoforma di folli missioni in salsa videoludica.

Ma quello che sorprende di più è il modo in cui questa pellicola riesca a diventare quasi una carta d’identita del proprio regista. C’e tutto il suo cinema precedente esposto nel miglior modo mai visto prima. Le scene videoludiche di “300” che in quel film risultavano assai fastidiose, qui ritornano in modo molto più funzionale, dosate alla perfezione fino a risultare incredibilmente affascinanti. Il mondo parallelo visto in “Watchmen” è molto simile a quello in cui vive la povera Babydoll, sia nelle atmosfere che nella crudeltà dei personaggi che la circondano. E poi l’azione, questa volta super protagonista come non mai, ma ben misurata e finalmente priva degli eccessivi rallenti tanto cari al suo regista ma che soprattutto in “300” diventavano estenuanti e senza senso.

Zack Snyder dovrà essere un amante dei videogiochi e in questo film lo manifesta spudoratamente descrivendo un idea di cinema completamente personale che difficilmente potrà essere accettata dal grande pubblico e che forse si addice più ai giovani amanti delle consolle. A suo favore però c’è l’onestà di non mascherare tutto ciò, ma anzi di manifestarlo spudoratamente senza fronzoli e nella forma più delirante possibile. Inventa quindi un'opera che non è un capolavoro (anche se forse voleva esserlo), non è priva di difetti (anche se è la più perfetta da lui creata) ma che proprio per merito delle sue imperfezioni segna un qualcosa di importante nella carriera del suo regista e forse anche nel cinema in generale.  

A questo punto si fà ancora più interessante il progetto di “Superman” a cui Snyder sta lavorando insieme al regista dell’ultimo “Batman” Christopher Nolan (questa volta solo nelle vesti di produttore). Ci saranno di nuovo delle linee da seguire, e Snyder avrà meno libertà ancora una volta. Ma due menti non proprio convenzionali unite in un unico obiettivo forse saranno la ricetta ideale per riuscire a far sopravvivere Superman alla kryptonite del grande schermo.

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