The Tree of Life - La Recensione

Presentato nella selezione ufficiale in concorso alla 64esima edizione del Festival di Cannes, “The Tree of Life” segna l’attesissimo ritorno del regista texano Terrence Malick sul grande schermo. Arrivato alla sua quinta opera registica, in quasi quarant’anni di carriera, sicuramente Malick non è l’esempio più comune della sua categoria. Nonostante ciò resta comunque uno dei registi più apprezzati dagli addetti ai lavori (meno dal pubblico) e i suoi film rimangono sempre tra i più attesi in assoluto.
Ad ampliare l’enorme curiosità nei confronti di quest’opera, anche la partecipazione di Douglas Trumbull, premio Oscar per gli effetti speciali di “2001 Odissea nello Spazio”, stavolta chiamato a collaborare per alcune delle scene del film.

Anni Cinquanta. Attraverso la visione del figlio maggiore di undici anni, assistiamo alle vicende di una famiglia del Midwest. Un padre severissimo, una madre dolce e affettuosa e tre fratelli armoniosi fanno da sfondo a un’opera molto più grande di quel che apparentemente potrebbe sembrare.

In realtà ci troviamo di fronte a qualcosa di veramente maestoso.
Partendo dalla dolorosa morte iniziale con cui si apre la storia, Malick torna completamente al principio ripercorrendo la nascita dell’universo attraverso una serie di sequenze spettacolari e affascinanti, uno straripare d’immagini pronte a togliere il fiato allo spettatore per lasciarlo a bocca aperta. Definito ciò, passa alla nascita dell’uomo, mostrando prima la genesi dei due coniugi interpretati da Brad Pitt e Jessica Chastain e poi alla successiva nascita del piccolo Jack, consecutivo occhio di racconto delle vicende familiari.
Malick firma così una guida alla vita, una sorta di Bibbia personale in cui parla con Dio e cerca di dare (e darsi) risposte a domande comuni, personali ed esistenziali. Lo fa con la sua consueta poetica cinematografica, dilatatoria, scarsa di dialoghi e fatta prevalentemente d’immagini affascinanti, sequenze e momenti di vita potentissimi arredati esclusivamente da musiche in sottofondo. Un’armonia che trova tutto il suo culmine in un finale onirico ed emozionante.

Ma in un palcoscenico così atipico e perfetto, è possibile anche che qualche attore possa venir meno. Sebbene questo non capiti a Brad Pitt, presentissimo nel film, stessa fortuna non tocca a Sean Penn. Ridotto ai minimi termini, peggio di Adrien Brody ne "La Sottile Linea Rossa" (pensava di essere il protagonista!), Penn lo vediamo pressappoco per una decina di minuti complessivi. Uno smacco per un’artista del suo calibro, uno degli attori più bravi del cinema contemporaneo. Ma a Malick nessuno dice mai di no, anche se sullo schermo deve starci solo per dieci secondi. Basti pensare alle voci che dicevano di Leonardo Di Caprio pronto a lavorare per lui anche gratis.

Sta di fatto che "The Tree of Life" non può essere considerato "solo" un film, ma molto di più. E' un’esperienza, magari mistica, sicuramente devastante. Un qualcosa che si pianta all'interno della mente dello spettatore e si coltiva lenta nel suo inconscio per giorni e giorni. Malick ha realizzato il suo capolavoro più personale, l'opera più complessa e spettacolare della sua (breve) filmografia. Un inno alla vita.

Trailer:

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