Contagion - La Recensione

Cosa accadrebbe se all’improvviso un virus letale ancora sconosciuto cominciasse a diffondersi a vista d'occhio in tutto il mondo provocando migliaia di vittime? Come reagirebbero gli esseri umani se la cura per poterlo contrastare non esistesse oppure tardasse ad arrivare?

Parte proprio da queste possibili eventualità, “Contagion”, l’ultimo lavoro del regista statunitense Steven Soderbergh. Nel suo vasto intreccio di personaggi, il regista di “Traffic” sceglie di analizzare la situazione dal punto di vista catastrofico, portando l’intero pianeta in stato di panico per esplorare la natura dell’essere umano quando questo si trova a perdere completamente il controllo. Il risultato si fa presto molto prevedibile scatenando una repentina reazione animale tra cittadini pronta a sfociare nel dramma più assoluto.

I focus dedicati ai protagonisti servono a vedere più da vicino altre dinamiche come ad esempio quelle di un padre che si vede in un colpo solo portar via sia moglie che figliastra e rimanere col peso di riuscire a proteggere a tutti i costi la sua ormai unica figlia. La gestione della situazione da parte degli addetti ai lavori si fa sempre più complicata e se Laurence Fishburne inizialmente “gioca sporco”, cercando di utilizzare le informazioni strettamente riservate per mettere in salvo la sua famiglia, il giornalista free lance Jude Law trova nel panico una potentissima fonte di guadagno, arricchendosi enormemente e diventando addirittura un profeta per la gente.

Ma Soderbergh sembra essere molto più interessato alla forma e lo dimostra moltissimo l’aspetto estetico della pellicola al quale molto spesso viene donato un colore giallastro, quasi seppia, proprio per cercare di rimarcare uno stato di epidemia. Una epidemia oramai non più legata solo all’espandersi del virus ma soprattutto alla società in cerca di sopravvivenza, ammalata grave e priva di etica. A cooperare tutto ciò, anche l'azzeccatissima scelta delle musiche, probabilmente l’elemento migliore del film, in grado di stimolare nel pubblico la giusta dose di suspance e tensione. Stà di fatto però che a risentirne moltissimo è invece il contenuto. La decisione di esporre i fatti con occhio distaccato, quasi documentristico anziché partecipe, porta “Contagion” a rimanere sempre abbastanza freddo e a non uscire mai dallo schermo. Questa lontananza dal nucleo centrale dei protagonisti incide fortemente sull’empatia del pubblico arrivando a penalizzare anche il film nelle battute finali, quando sembra iniziare ad avere un po’ il fiato corto.

Supportato da un cast di stelle a dir poco invidiabile -avere Matt Damon, Marion Cotillard, Laurence Fishburne, Gwyneth Paltrow, Kate Winslet e Jude Law in un colpo solo è a dir poco pazzesco- “Contagion” non riesce a rendere come dovrebbe. Il suo essere poco coinvolgente, appesantisce sempre di più la pellicola arrivando a portarla infine a una chiusura più richiesta che necessaria. Una caratteristica già riscontrata nella cinematografia del suo regista, il quale spesso ha dimostrato di non saper arrivare al pubblico molto facilmente. Vedremo se la scelta di abbandonare il mestiere della regia per quello della pittura (sembrerebbe essere stata smentita a Venezia) riesca a portarlo verso traguardi più alti.

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