La Talpa - La Recensione

Lo spy movie al giorno d’oggi è un genere che per essere considerato tale ha bisogno assolutamente di mantenere al suo interno determinate caratteristiche. Ne è riferimento per eccellenza il prolifico franchise di 007 seguito a sua volta da uno dei migliori successi degli ultimi anni come Jason Bourne, oppure, dato che tra poche settimane lo rivedremo di nuovo al cinema, dall’intramontabile Mission Impossible. E’ improbabile pensare a uno di questi film e prescindere da un alto tasso d’azione, un protagonista carismatico, una trama ricca di spettacolarità, tanta adrenalina e magari anche dei validi effetti speciali. E invece Tomas Alfredson per il suo “Tinker, Tailor, Soldier, Spy”, diventato in Italia semplicemente “La Talpa”, ha voluto mettere in scena uno spy movie che andasse contro tutti questi rigorosissimi dettami, cercando di omaggiare quel genere di spionaggio anni settanta dove tutto girava molto più lento e richiedeva un’attenzione mentale massima alla narrazione.

Approcciare “La Talpa” come si approccia un “Mission Impossible”, un James Bond o uno Jason Bourne è probabilmente l’errore più grande che si possa commettere. La visione della pellicola richiede un impegno da parte dello spettatore che va oltre lo standard classico: bisogna stare attenti a non lasciarsi sfuggire nemmeno una singola parola, non staccare mai l’occhio dallo schermo, osservare ogni minimo dettaglio. Per questo motivo pretendere di comprendere al cento per cento un film come questo limitandosi solamente a una singola visione è un compito alquanto complicato da chiedere a sé stessi e da portare a termine.

Ciò che invece diventa più semplice rilevare nel corso della storia è la grandissima attenzione ai minimi particolari. Gli ambienti, i costumi, la fotografia sono elementi assolutamente impeccabili e facilmente riconoscibili al film di Alfredson, insieme alle perfette interpretazioni di un cast composto da nomi di grandissimo lustro (Gary Oldman, Colin Firth, Tom Hardy, Mark Strong, Ciarán Hinds, John Hurt). Su tutti emerge forzatamente la personalità di George Smiley, un Gary Oldman meraviglioso, sempre composto e vigile. Lui, ex agente del MI6 in pensione, incaricato di rientrare in missione per scovare la talpa che si sospetta possa annidarsi all’interno del Circus.

L’infinita complessità contenuta ne “La Talpa” può essere identificata contemporaneamente come un punto di forza e un punto di debolezza. E’ evidente che il pubblico, quello non preparato, possa ritrovarsi spiazzato di fronte a una pellicola che va contro tutte le solite aspettative e c’è anche da considerare che saranno poche le persone disposte a concedere una seconda possibilità a un titolo che, visto sotto alcuni fuorvianti aspetti, potrebbe apparire largamente deludente.

Tomas Alfredson invece andrebbe apprezzato, e non solo per averci regalato quel prezioso gioiello di “Lasciami Entrare” ma soprattutto per aver avuto la fermezza di conseguire fino all’ultimo un idea di cinema ben precisa, non curandosi minimamente di quello che il pubblico mainstream potesse pensare in seguito. E poi, siamo realistici, il finale di questo film è di una bellezza sontuosa, costruito con un montaggio alternato e un crescendo da pura antologia. Insomma, siate generosi, concedetegli tutta la vostra attenzione e queste due possibilità.

Trailer:

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