L'Arte di Vincere - La Recensione

E’ raro attendere una pellicola solo perché si è a conoscenza che questa sia stata scritta da uno sceneggiatore considerato in assoluto tra i migliori all'attivo. Di solito ad attirare le attenzioni di un film sono altri fattori: l’attore (o gli attori), il regista, il genere e in alcuni casi anche l’argomento esaminato. Invece, per quanto riguarda “L’Arte di Vincere”, non è nemmeno la presenza di un Brad Pitt magistralmente in parte a sollecitare la grande attenzione dei più appassionati ma bensì la consapevolezza che l'adattamento del film porta la firma, oltre che del premio Oscar Steven Zaillian (autore di “Schindler’s List”), anche di quel grande e incredibile genio chiamato Aaron Sorkin (premio Oscar per “The Social Network”).

Dopo aver utilizzato l’ascesa del social network più famoso del mondo come specchietto per le allodole raccontando oggettivamente una storia interessata ad approfondire tutt’altri argomenti in “Moneyball”, questo il titolo originale, Sorkin ripropone una storia che utilizza la stessa strategia, dimostrando quanto nelle sue mani questa possa essere sempre una tecnica funzionale e vincente.

Billy Beane (Brad Pitt) è il general manager degli Oakland's Athletics, una squadra di baseball in pesante crisi economica e costretta alla ristrutturazione di una rosa ormai priva di giocatori di prima fascia per affrontare la nuova stagione. In difficoltà con la ricerca di nuovi talenti Beane decide di affidarsi alle teorie logiche e statistiche propinate dal giovane, appena conosciuto, Peter Brand (Jonah Hill), un neo laureato in economia convinto di poter mettere in piedi una squadra competitiva per il titolo ingaggiando alcuni giocatori etichettati come scarti ma provvisti di eccellenti abilità individuali su cui poter puntare. La strada ovviamente sarà tortuosa, tutta in salita e stracolma di scetticismo eppure potrebbe non essere poi così sbagliata.

"Se non si vince l’ultima partita di campionato allora è stato tutto un fallimento.” Questa è la teoria a cui è appeso il progetto in bilico dell’innovatore Beane. Il programma avviato insieme alla sua unica spalla è qualcosa che va oltre qualsiasi tipo di immaginazione. Il gioco del baseball qui è utilizzato solamente come una facciata, un mezzo utile per arrivare a un fine assai più ampio e profondo. Non si tratta di vincere per ricevere la banale rivalsa personale ma invece di vincere a tutti i costi per dimostrare di essere riusciti a cambiare le regole del gioco e quindi del sistema. L’impronta di Sorkin in questo frangente diventa di fondamentale importanza. Grazie al suo tocco ogni dialogo e/o monologo si trasforma in qualcosa di affascinante e frizzante, lo si percepisce con effetto immediato, perfino nella semplice atmosfera di una riunione sviluppata attorno a un tavolo, dove, inoltre, uno straripante Brad Pitt può diventare incontenibile mattatore. In queste ondate di verve effervescenti rilasciate attraverso spunti di rara bellezza si riesce ad ammirare l'incredibile mente di un autore che negli ultimi anni ha firmato gran parte delle migliori opere viste al cinema e soprattutto in televisione (Sports Night, West Wing, Studio 60 on the Sunset Strip).

Diretto da Bennett Miller e tratto dal libro “Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game” scritto da Michael Lewis, “L’Arte di Vincere” è una storia vera che documenta come a volte anche una sconfitta può trasformarsi simbolicamente in una schiacciante vittoria. Un film che richiede di essere decantato prima di venire successivamente assorbito e poi apprezzato piuttosto che amato. Gli appassionati sportivi troveranno dei motivi in più per non lasciarsi scappare questo titolo ma anche i cinefili più passionali non dovrebbero permettere che la potenza di questa piccola perla rischi di perdersi nel nulla.

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