50/50 - La Recensione

L'ardua sfida intrapresa dal regista Jonathan Levine di realizzare la pellicola “50/50" può considerarsi adesso abbondantemente compiuta. Chiunque diffiderebbe a sentir parlare di commedia quando di fronte si ha una trama dove un ragazzo poco più che venticinquenne viene colpito da una rara malattia di cancro che lascia solamente una possibilità su due di completa guarigione. Ma in questo caso il genere, seppur non rispettato nel suo significato più totale, non è nemmeno da considerarsi poi così "violato".

Chiaramente non ci si può aspettare che una storia simile metta a disposizione una grande quantità di spunti comici e/o divertenti eppure, grazie soprattutto all’innesto di un Seth Rogen mai così indispensabile e nel suo ruolo per antonomasia, la pellicola di Levine riesce a sorprendere tutti trovando una strada che sfrutti al massimo le buonissime situazioni a disposizione arrivando ad ottenere un piacevole e particolare retrogusto dolce-amaro, risultato di un trattato di giusta ironia e grande delicatezza su una tematica tutt'altro che semplice.

Raccontare la scoperta e l’elaborazione di un cancro, utilizzando toni semi-leggeri e mantenendo estremamente alti nel frattempo serietà e rispetto per l'argomento rischiava di diventare un percorso in cui era più facile smarrirsi che ritrovarsi. Ma invece la sceneggiatura scritta da Will Reiser si dimostra fortunatamente essere pressoché impeccabile, specie nei momenti in cui riesce ad alternare sobriamente le situazioni drammatiche, nelle quali è indiscusso protagonista il bravissimo Joseph Gordon-Levitt, e le situazioni più vivaci, in cui a ravvivare la scena ci pensa un Seth Rogen politicamente scorretto e scheggia impazzita. “50/50” non tralascia minimamente quei passaggi fondamentali a cui si deve far obbligo quando un fardello così pesante come un cancro ti si scaglia improvvisamente addosso e non dimentica nemmeno di affiancare a ciò la compassione e il sostegno di circostanza che è solito fornire il prossimo di fronte allo sventurato di turno. Levine però preferisce di più concentrare la sua attenzione focalizzandosi sui rapporti umani più autentici, quelli che vedono il protagonista impegnato con le figure più importanti della sua vita. Madre, fidanzata e migliore amico cominciano allora a ritagliarsi ampi spazi, creando i momenti in cui la pellicola emana le più elevate dosi di emotività e dolcezza e sviluppando in questo modo anche una sotto-trama romantica tenera ed emozionante nella quale si fa largo gradualmente la figura della principiante psicologa Katie interpretata da una bravissima Anna Kendrick.

Meno emozionanti e più "mascoline" invece le scariche che arrivano dall’altro dominante rapporto, quello tra Adam e il suo migliore amico Kyle. Il loro legame quasi fraterno subisce lentamente alcune crepe nel corso del processo di accettazione di Adam alla malattia, crepe forzate soprattutto dal comportamento poco maturo e irresponsabile mostrato da Kyle. Lo sviluppo di questa sottotrama diventerà indispensabile per generare poi un paio di bellissime scene finali in cui il sentimento forte della loro amicizia prevarrà finalmente in maniera palpabile e molto convincente.

E' nei momenti più complicati e difficili della nostra vita che alla fine riusciamo davvero ad aprire gli occhi e a renderci conto di quali persone vale la pena avere al nostro fianco e quali no. Un messaggio semplice ma sufficiente a rendere "50/50" un prodotto davvero incantevole, per certi versi particolare: molto sensibile, a volte doloroso, spesso emozionante. Un progetto ambizioso e egregiamente compiuto, merito da retribuire in gran parte a un cast di straordinari interpreti tutti perfettamente in parte.

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