I Believe in Christopher Nolan: risposta ai dubbi sul Cavaliere Oscuro

Precisiamo: non si può parlare attentamente de "Il Cavaliere Oscuro: Il Ritorno" senza prima essere partiti dal principio. E per principio in questo caso non si intende quello dell'uomo pipistrello, e quindi "Batman Begins", ma bensì quello dell'uomo dietro la macchina da presa, e quindi Cristopher Nolan e il suo "Following". Bisogna tornare infatti al lungometraggio di quattordici anni fa per giustificare un epilogo che altrimenti, ad un occhio immacolato e critico, oggi potrebbe apparire deludente.

Chi ha visto il primo, sorprendente, lavoro del regista inglese avrà capito assolutamente a cosa mi riferisco: la scena della rapina a casa di uno dei due protagonisti che sulla porta d'entrata raffigurava un adesivo con il simbolo di Batman. Nulla era ancora scritto. Nolan era uno sconosciuto alla ricerca del successo. Eppure in quell'immagine il suo destino sembrava già scolpito. Adesso è normale pensare che nulla avvenga per caso e che se su quella porta era presente Batman e non Spider-Man un motivo c'era eccome. E il motivo non poteva altro che essere l'amore di Nolan verso Bruce Wayne e il suo alter ego.

Questo dovrebbe bastare a giustificare dunque il mistero per cui in questo ultimo capitolo il regista si lasci un po' andare, offrendo una trama principale meno accurata delle precedenti e tirando dritto con il solo interesse della tessitura di una conclusione commovente e sentimentale, la migliore con cui congedare senza rimorsi la sua icona preferita. E non è la prima volta nel cinema che un regista troppo attaccato al soggetto del suo lavoro si lascia coinvolgere in maniera eccessiva nell'opera fino perdere il suo sguardo lucido e meticoloso. Era successo anche a Peter Jackson con "King Kong” e a Quentin Tarantino con "Inglourious Basterds" (entrambi capolavori), inevitabile adesso appaiare a loro Christopher Nolan, il quale, affaccendato a sistemare la parola fine alla sua operazione, deve aver perduto di vista alcune piccole attenzioni che mai avremmo pensato potessero venire a mancare a un regista della sua stazza.

E allora può sorgere il grande, grandissimo dubbio, che quei famosi buchi (o errori) di sceneggiatura presenti nel film, e che tanto stanno facendo discutere in rete, potrebbero non essere poi tanto frutto di una distrazione o di un caso ma di un possibile giro forzato di tagli su di una pellicola che integralmente, così come concepita, magari avrebbe sforato abbondantemente le tre ore, durata davvero troppo lunga per un cine-comic. E se veramente dovessero esserci stati, sicuramente questi tagli a Nolan saranno costati delle ferite dolorosissime ma al tempo stesso lo liberavano da un obbligato quarto episodio o dalla lanciatissima moda della divisione dei finali in due parti.

Insomma, inutile starsi ancora a chiedere se "Il Cavaliere Oscuro: Il Ritorno" sia un capolavoro o una delusione. La verità, al solito, è nel mezzo. E il mezzo stavolta è il cuore. Il cuore di un regista che ha probabilmente realizzato uno dei sogni della sua vita, lasciandosi coinvolgere completamente nel ridar vita cinematografica al suo amatissimo super-eroe. E così, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, Christopher Nolan ha ultimato con onore una delle trilogie più discusse e leggendarie della storia del cinema, ritagliandosi di diritto un posto tra i migliori cineasti in attività. Ma di questo il simbolo di Gotham non può considerarsi unico o principale artefice.


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