Tutti i Santi Giorni - La Recensione

Tutti i Santi Giorni” è, molto semplicemente, una commedia romantica.
Eppure sarebbe indecoroso liquidare con questa brevissima frase una pellicola che invece meriterebbe singolare attenzione, soprattutto per come riesce a trasformare quel “semplicemente” in un qualcosa di assai più articolato e multiforme.

Paolo Virzì - supportato in sceneggiatura dall'imprescindibile amico Francesco Bruni e da Simone Lenzi - ribadisce che al momento, in Italia, è lui il regista migliore a cui far riferimento quando si ha tra le mani una commedia appassionante da voler raccontare. “Tutti i Santi Giorni” è un film essenziale, che non vuole ingarbugliarsi né in tematiche particolari né in osservazioni su argomenti recenti, ma esclusivamente accentrarsi sull'improbabile storia d’amore di una coppia capace di difendersi dalle traversie e dagli imprevisti che la realtà gli ha prescritto, qualunque essi siano. Tutto il resto rimane in profondità, sullo sfondo, lo stesso della Roma popolare in cui vivono Guido e Antonia: lui toscano introverso e dedito alle lingue antiche che si arrangia lavorando in albergo come portiere di notte, lei siciliana sanguigna e ribelle impiegata di giorno in un autonoleggio e di sera nei locali romani, dove coltiva l’aspirazione di cantautrice. Diversissimi tra loro ma fatti l’uno per l’altra. Uniti da un rapporto lungo sei anni che nonostante la routine fila ancora come agli albori, almeno fino a quando non viene scosso dal desiderio dei due di avere un bambino che sembra però non volere arrivare.

Ispirato liberamente al romanzo “La Generazione” di Simone Lenzi (non a caso intromessosi nella scrittura del film) l’ultimo lavoro di Virzì è un opera che vive prevalentemente di atmosfera. E’ brava a crearsela ed è brava a gestirserla in maniera costante, supportata da una scrittura impeccabile dei protagonisti interpretati da un grandissimo Luca Marinelli e da un altrettanto bravissima Federica Victoria Caiozzo. “Tutti i Santi Giorni” diverte, strugge, commuove, fa riflettere, unicamente conquistando lo spettatore con la sensibilità dei sentimenti che racconta e con la purezza degli stessi.

Scava dritto al cuore Paolo Virzì, ed è un compito che gli riesce con una spontanea naturalezza. Da lodare il processo con cui è in grado di attribuire essenza e anima alla sua gemma velata, arrivando infine a conquistarsi praticamente il compiacimento di chiunque. Il passo successivo a “La Prima Cosa Bella” allora è una seconda meraviglia, più piccola, più timida forse, ma non per questo meno preziosa.

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