Il Canone del Male (Lesson of Evil) - La Recensione

Gli insegnanti non sono più quelli di una volta. Probabilmente perché nemmeno il sistema scolastico è più quello di una volta. Gli alunni spesso e volentieri hanno pieno comando e la politica attuale non consente di prendere provvedimenti seri o risolutivi come era possibile, eccessivamente, fino a qualche anno fa.

Ad arginare a questo problema ci ha pensato allora Takashi Miike che con il suo “Il Canone del Male” prende spunto dal romanzo “Aku no Kyoten” di Yusuke Kishi e ci mostra un professore, sociopatico sin da ragazzino, che si arrovella per risolvere i problemi creati dagli alunni della sua scuola, puntualmente destinati a morire ferocemente non appena si permettono il lusso di mostrare la loro dura ostinazione agli avvertimenti del sommo professore. Inoltrata furtivamente questa politica, improvvisamente, il bullismo, le violenze sessuali e i compiti in classe irregolari non saranno più noie della prestigiosa accademia Shinko. 

Il regista giapponese si serve così di una figura rassicurante come il brillantissimo e rispettato professore di inglese Seiji Hasumi (Hideaki Ito) per realizzare un thriller psicologico di discreta fattura capace di migliorarsi vertiginosamente quando, nell’ultima parte, decide di abbracciare allegramente le tinte dell’horror. Come spesso capita con il cinema asiatico infatti anche in questo caso si ha la netta sensazione di assistere ad un’idea molto intelligente e ironica sviluppata purtroppo in una forma piuttosto grezza, elevabile sicuramente a livello di impatto ma accettabile nel complesso.

Miike gioca senza alcun limite con il suo progetto (sperimentale?) e a forza di mischiare generi e idee finisce con il creare anche una leggera difficoltà di narrazione. Si lascia apprezzare meglio nella regia invece, dove è portatore di alcune scelte folgoranti (il proiettile che sparato spezza il vetro della telecamera è spettacolare) che aiutano lo spettatore a fruire il peso di una pellicola sostenuta ai limiti della sopportazione nella sua prima parte. Fortunatamente la violenza e l’azione, che per una buona ora ora erano rimasti rintanati chissà dove, vengono sprigionati energicamente e gratuitamente nel momento in cui l’ossigeno stava per venire meno a “Il Canone del Male”, che riesce dunque a tornare su binari accettabili e godibili all’intrattenimento.

Non ci sarebbe nulla di cui stupirsi a questo punto se tra qualche anno una produzione americana decidesse di realizzare un remake della pellicola di Miike (routine ormai), perché con tutti i suoi difetti, anche di continuità, “Il Canone del Male” lascia comunque impressa una sua impronta. Quanto profonda poco importa, a volte un segno è sufficiente. E siccome Miike questo lo sa benissimo, ha già promesso al suo pubblico che darà un seguito al suo lavoro.

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