Monsters University - La Recensione

Il calo evidente riscontrato in occasione del normale lavoro di rara precisione grafica "Ribelle: The Brave" si trasforma ufficialmente per la Pixar in un vero e proprio cambio di pista. La casa d'animazione sembra infatti aver abbracciato un percorso creativo assai meno splendente ma ugualmente appagante, che evidenzia sicuramente un abbassamento sostanziale di inventiva ma allo stesso tempo gli consente anche di non perdere troppo terreno sulle numerosissime inseguitrici perennemente in agguato. L'integrità del marchio resta così resta intatta e priva di graffi, come la qualità artistica dei lavori, mentre a subire il ridimensionamento maggiore è la potenzialità delle storie, indirizzata ad accontentare integralmente le famiglie nel senso più ampio del termine.

Questa nuova tendenza (fisiologica, umana e prevedibile) vien celebrata allora, rimettendo mano a uno dei capolavori migliori della filmografia pixariana (il migliore?), contaminandolo con un prequel dallo spessore minore, per certi versi più ironico e cucinato in salsa universitaria. Andare in qualche modo a dissacrare "Monsters & Co." arriva quindi non solo a noi come un segnale di coraggio, ma ancor di più come la comunicazione che, a differenza di quanto si possa credere, la consapevolezza di non poter essere sempre, enormemente, grandi in casa Pixar è vissuta con innata leggerezza e ammirabile intelligenza. Teoria che validerebbe il concetto secondo il quale non esista nessuna linea qualitativa e nessuna fascia di categoria predefinita: ogni progetto ha il diritto di vivere incondizionatamente di vita propria, in base al momento e a prescindere da tutto.

Smetterla con le aspettative e accettare ciò che arriva, dunque.
Ragionamento ripescabile persino nel percorso compiuto dal giovane universitario Mike Wazowski - protagonista assoluto - durante la militanza alla tanto desiderata università dello spavento, con una parabola che trova la precisa quadratura del cerchio nella sentenza che arriva a colpirlo alle spalle distruggendo il suo sogno personale a colpi di crudele realtà. Poiché rispetto a quanto si poteva supporre all'inizio, “Monsters University” non mira affatto a voler essere l'ennesimo tributo all'amicizia e al suo valore (seppur non disdegna di ricordarcelo), ma vuol dedicarsi invece a quella che è la delicata accettazione del nostro io, a quelle che sono le doti che realmente ci appartengono e al posto che la vita ci ha riservato. Di fatto questo diventa l’impulso più robusto di una storia prettamente leggera e spensierata, il muscolo condottiero che ha il potere di influire sulla pellicola al punto di obbligarla a farsi carico di un finale che, seppur lieto, nell’amarezza assorbita è costretto ad accogliere con sé una piccola punta di amaro.

Eliminata l'aspettativa, quella (nostra) del capolavoro, "Monsters University" potrebbe riassumersi quindi come un godibilissimo film d'animazione, simpatico e divertente. Bravissimo a inventarsi un'università surreale e al contempo non distantissima da quanto potrebbe esserne una normale, e ancor più abile a riempirla con una variegata sfilza di mostri speranzosi, emotivi, e competitivi, anche loro non troppo diversi dalla maggior parte di noi esseri umani.

Pazienza, perciò, se stavolta non è stato possibile ripercorrere nuovamente i tempi perfetti appartenuti a quello ora è considerato il suo successore, e pazienza se la nostra anima non riuscirà a scaldarsi più tanto facilmente come abituata in passato di fronte alla vista delle pellicole contrassegnate dalla lampadina più famosa del mondo. In fondo la vita non sempre può restituirti quel che gli chiedi e, a volte, bisogna anche saper accettare di dover scendere a patti o accontentarsi dei compromessi. Scoprendo magari che non è nemmeno così male come (non) pensavamo.
Parola di Wazowski e parola della Pixar.

Trailer:

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