Prisoners - La Recensione

Quella di "Prisoners" è una storia vecchia, nel senso che al cinema di bambini scomparsi e genitori sconvolti ne abbiamo visto e sentito parlare in numerose occasioni. Ma nonostante ciò ogni volta che un argomento del genere ci viene messo di fronte non provare dolore o, peggio ancora, rimanere indifferenti è, e sarà sempre, una reazione umanamente impossibile.

Eppure per quanto riguarda la pellicola diretta da Denis Villeneuve è probabile si possa fare un eccezione, se non altro per quel che nasconde sotto il lenzuolo che scopre solamente quando ormai è troppo tardi per poter fare marcia indietro ed evitare qualsiasi tipo di coinvolgimento. Preso solo come thriller infatti "Prisoners" il suo sporco lavoro lo fa persino piuttosto bene, esita e si compiace un tantino nella parte iniziale ma nell'affondo innalza tensione e trasmette onesta carica di sofferenza rispetto alle rivelazioni e ai colpi di scena discretamente architettati nella sceneggiatura firmata da Aaron Guzikowski. Lo sbaglio però bussa alla porta non appena quel lenzuolo viene levato e la questione religiosa - in precedenza presente ma poco evidente - viene posizionata al centro della narrazione scombussolando e rivoluzionando quello che a singhiozzi era stato un prodotto non originale, non eccezionale ma comunque per esecuzione e interpretazioni ben oltre la media (con un intensissimo Hugh Jackman su tutti).

E invece Villeneuve compie la leggerezza di mettere l’incessante battaglia tra bene e male al centro di tutto, gli da dominio assoluto al punto da farla allargare oltre le scelte e le vite dei protagonisti, rendendola infine decisiva per la risoluzione del suo dramma, per il quale non fornisce risposte rassicuranti o definitive facendo in modo che sia la coscienza di chi sta a guardare a stabilire quale delle due fazioni avrà realmente trionfato e sconfitto l'altra. Tale soluzione, oltre a risultare facile, debole e quasi buttata via solo per andare a chiudere un puzzle che altrimenti sarebbe rimasto incompleto, minimizza l'aspetto di un quadro al quale tra le tante cornici adoperabili - forse più per provocazione che per altro - si è deciso di applicare di certo quella meno indicata, considerabile vantaggiosa esclusivamente se lo scopo doveva essere quello di scatenare dibattiti o controversie.

Si dimena volontariamente tra "Gone Baby Gone" e "Zodiac", a conti fatti "Prisoners", e il secondo riferimento va assai oltre la presenza di Jake Gyllenhaal tra i protagonisti. Tuttavia da quei due titoli per quanto possa aver abbondantemente saccheggiato in narrazione ed idee non porterà mai via la stessa forza e la stessa potenza. I film di Affleck e Fincher erano destinati a diventare qualcosa, quello di Villeneuve, purtroppo per lui, è destinato a diventare quasi niente.

Trailer:

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