Il Segreto Dei Suoi Occhi - La Recensione

In certi casi sarebbe più giusto chiedersi come mai si senta il bisogno di "rifare" o di "riadattare" una storia che non solo al cinema ha appena sei anni, ma che, nella sua versione originale, è stata anche premiata con l'Oscar e considerata unanimemente, da critica e pubblico, straordinaria ed impeccabile.

Che poi lo sappiamo, migliorare il perfetto non è possibile (ammesso che il perfetto poi esista), o quantomeno è impossibile migliorare qualcosa che non necessita di miglioramenti. Discorso diverso invece per quel che riguarda l'appartenenza, lei si, la possiamo migliorare: possiamo prendere qualcosa di un altro e modificarla sentendola più vicina alla nostra cultura, alla nostra esistenza. Operazione che il regista e sceneggiatore Billy Ray ha scelto di seguire per realizzare il suo remake de "Il Segreto Dei Suoi Occhi", prendendo (grosso) spunto dalla pellicola argentina di Juan José Campanella, o se volete il romanzo di Eduardo Sacheri, e infilandoci dentro dei geni americani, uno sfondo tutto nuovo e nuovi temi e motivazioni che tuttavia, ancora una volta, ancora con le stesse modalità, finiscono per riguardare l'11 Settembre e le crepe di un paese impaurito dal fantasma di un bis che non può permettersi di subire. Nulla di nuovo, dunque, sotto ogni punto di vista. La sceneggiatura principe resta grossomodo invariata e l'analisi che avrebbe dovuto americanizzarla rimane anche lei vecchia, fuori tempo massimo, piazzata forzatamente e non per una reale necessità o urgenza. Di questo ne risente tantissimo allora "Il Segreto Dei Suoi Occhi", precisamente ne risente in quella che era (o doveva essere) la sua portata emotiva, originariamente devastante e qui, nella riproposizione, ridotta ai minimi termini, diventando solo parte di un thriller, più o meno solido, al quale si assiste con un'attenzione non esattamente altissima, volubile esattamente come è volubile il lavoro progettato da Ray.

Freddo. Appare tutto molto freddo all'interno della sua pellicola, una temperatura che raramente riesce a scaldarsi e a fare dello spettatore un partecipante emotivamente attivo, da coinvolgere e da sconvolgere. Si resta distaccati di fronte all'opera di Ray, la si guarda con l'interesse blando di chi è curioso di scoprire l'assassino, di chi è interessato a sapere come si chiuderà il caso in questione, ma non si entra mai in quel flusso davvero importante relativo ai protagonisti, alle loro sensazioni e soprattutto ai loro cruciali "non detti". Volendo pensare, poi, che ciò sia dovuto al mutamento della matrice di partenza, modificata proprio in favore di quel riguardo verso l'America e il terrorismo (i fatti risalgono al 2002) - che è motivo (a questo punto) dell'intera operazione - c'è da dire, comunque, che Ray, anche sotto quell'aspetto, da l'impressione di avere poca incisività e accuratezza, allestendo una riflessione debole, legata ad una guerra silenziosa, disposta, volendo, a sacrificare un americano per salvaguardarne un numero più grande e mantenere, quindi, la stabilità di un paese depresso e a terra. Ancora una volta non aggiungendo niente a un discorso trito e ritrito.

Del resto questi sono ragionamenti che nel 2015 fanno fatica ad esser presi in considerazione e analizzati. Sono ragionamenti che il cinema, così come la televisione, in passato come oggi, hanno già eseguito e lo hanno fatto approfonditamente, a vari livelli e molto, molto più nitidamente di quanto Ray si sia sforzato di fare. Perché poi, a dirla tutta, c'è un enorme differenza tra chi ha davvero qualcosa da dire sul proprio paese e chi invece deve farlo solo per trovare una giustificazione valida che gli consenta di realizzare la copia sbiadita di un film enorme.

Trailer:

Commenti

  1. Come volevasi dimostrare... Basta con i brutti remake di film recenti e perfetti (come Old Boy)!

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    1. ma in sé il film è anche curato e vedibile, solo che nel paragone con l'originale viene massacrato!

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