Loro: 1 - La Recensione

Loro: 1 Poster Sorrentino
Quando Paolo Sorrentino ha annunciato che il suo progetto successivo sarebbe stato un film su Berlusconi, nessuno si aspettava che, in fase di scoperta dettagli, questo avrebbe avuto il titolo “Loro”. E la domanda fu scontata, a quel punto, in molti cominciarono a chiedersi: “Perché “Loro”?; Ma loro chi?; A chi e riferito?”. Una risposta che arriva quasi istantanea quando – dopo una scena d’apertura da cortometraggio nonsense, che però ha a che fare perfettamente con le leggende e le voci di corridoio berlusconiane – ci rendiamo conto che il vero protagonista - almeno della prima parte del suo dittico- non è colui che davamo per certo, ma il Sergio Morra (ovvero Gianpiero Tarantini ?) di Riccardo Scamarcio. Lo stesso che, più in là, per togliere ogni dubbio residuo, si renderà partecipe di una conversazione con Kasia Smutniak in cui alla fatidica frase – appunto - “Ma loro chi?”, seguirà la risposta “Loro, quelli che contano!”.

Non un film su Berlusconi, insomma, ma un film con Berlusconi, ambientato - e questo è ciò che maggiormente conta - in un'Italia infettata al massimo dal berlusconismo.
Già, perché l’occhio di Sorrentino è rivolto più verso di loro, verso gli arrivisti italiani (e stranieri) – ricchi e non - alla ricerca di fama, di consacrazione, successo; di una scorciatoia che li aiuti a sbarcare il lunario nonostante – citando ancora un dialogo Scamarcio/Smutniak – non sappiano fare un cazzo. E allora questo spaccato iniziale - ribattezzato “Loro: 1” - finisce per nascondere quasi completamente la star che pensavamo di vedere esibirsi, quella che per buoni tre quarti di pellicola c’è - presente nei discorsi, nei progetti (politici e personali) e negli schermi dei telefonini che squillano - ma non si vede, quella che le nostre orecchie si aspettano di sentire chiamare in un modo e che invece – ma era inevitabile - viene evocata in un altro: LUI, ovviamente. Silvio Berlusconi per Sorrentino è il Paradiso, lo step definitivo che la fauna che racconta punta a raggiungere, a conquistare, disposta a qualunque cosa pur di attirare la sua attenzione, il suo beneplacito e quindi il pass per quell'Olimpo che da solo e dal niente, orgoglioso, è riuscito a costruirsi. Del resto, lo spaccato in cui ci si muove è posto nel lasso di tempo che va dal 2006 al 2010, con la sinistra al Governo e il centrodestra all'opposizione: un centrodestra che però è ancora in discreta salute, incurante del futuro (imminente) scandalo olgettine e del caso Ruby, dove la storia in questione, non a caso, intende mettere il punto.

Loro: 1 Toni ServilloTuttavia Sorrentino – che dai suoi protagonisti è sempre attratto e mai intento a volerli giudicare o a volergli male – anche in questo frangente cerca – riuscendoci, peraltro – di mettersi al servizio dei fatti di cronaca (più o meno attendibili) miscelandoli furbamente con la sua fantasia assurda e visionaria, entrando - e facendoci entrare - in quel mondo e in quell'immaginario considerato da lui (e da tutti) immorale, sporco e sbagliato, eppure quanto mai stracolmo di vita e di quella voglia che ti incita a dominare e a non farti schiacciare dalla monotonia: stando sempre su di giri e col sorriso in faccia, quasi come accadeva a Leonardo DiCaprio in “The Wolf Of Wall Street” nei suoi indimenticabili party - qui, volontariamente o no, citati. Poi, certo, quando è il turno di dare un volto a LUI le cose cambiano, devono cambiare, e dalla musica a tutto volume, la coca e le immancabili donne attraenti, giovani e spregiudicate di Scamarcio, si passa alla quiete, alla seraficità di una maschera - anzi di un simbolo - che Sorrentino tratteggia come fiero farabutto nel profondo, ma in un certo senso anche sinceramente – e a suo modo – innamorato di una moglie che pretende da lui dignità (non fedeltà): quella che a causa delle troppe, irrefrenabili voci di corridoio, sente di aver perduto irrimediabilmente. E’ un Berlusconi - quello di Toni Servillo -  che ogni volta che apre bocca lascia spiazzati, che sa sempre cosa dire e come dirlo (con che faccia e che tono) per convincere il prossimo, tendenzialmente simpatico e alla mano, ma spietato contro chi vuole pugnalarlo alle spalle e poi va a chiedergli aiuto.

In “Loro: 1”, pertanto, più che capire e mettere a fuoco le cose, queste si riescono, vagamente, solo (e forse) ad intuire. Si tratta di cose non certe, è chiaro - così come non sono certi, ma frutto di abbondante fantasia i fatti utilizzati per la sua composizione (e allo spettatore, questo, viene detto immediatamente) – ma molto probabili in relazione alla strada che Sorrentino ha intenzione di prendere e alla filosofia che la abbellisce. Nonostante sia palese, quindi, che il taglio del suo film sia stato necessario più per scopi distributivi che autoriali – decisione che non gli giova – è altrettanto palese ipotizzare quanto, quella che pareva già definita o attesa come un’opera distruttiva o infangante su Silvio Berlusconi, sia, paradossalmente, per il regista, una dichiarazione di attrazione nei suoi confronti e di interesse verso quelle emozioni e sentimenti che – parafrasando LUI, in persona, mentre cita un comunista – non dovrebbero mai essere messi da parte.
Nemmeno, a quanto pare, quando scegli di avere a che fare con una personalità diabolica che è stata in grado di piegare l’Italia alla sua volontà per circa vent'anni.

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