Il Re Leone - La Recensione

Il Re Leone Poster
Qualche settimana fa, navigando in rete, mi sono imbattuto in un post che aggiustava i musi dei personaggi di questo nuovo “Il Re Leone”, rendendole espressive quasi quanto quelle del vecchio cartone animato. Non avevo ancora avuto modo di vedere il film, per cui intuivo il motivo per cui lo facesse, ma non sapevo ancora se essere d’accordo a riguardo.
Ora, però, il film l’ho visto e il suddetto suggerimento non mi appare poi così sbagliato.

In molti potranno dire di no, che non è così, che la Disney è riuscita a realizzare un live-action (che poi live-action non è, vista la totale assenza di attori in carne e ossa) tecnicamente perfetto, impressionante; che sembra di trovarsi davanti a un documentario di National Geographic Channel, per quanto gli animali appaiano reali, e che enfatizzando la loro mimica questo effetto sarebbe andato irreparabilmente perduto. Vero, anzi, verissimo, se non fosse che nella realtà gli animali non parlano e non cantano, per cui dal momento in cui sei costretto a farli parlare e cantare per incontrare le esigenze della storia, tanto vale fare un passetto in più e rinunciare all'effetto autenticità. Insomma, pretendere di avere la botte piena e la moglie ubriaca è tecnicamente impossibile, per cui il rischio, in questi casi, è quello di ritrovarsi con la botte quasi piena e la moglie quasi ubriaca: non proprio il massimo, diciamo. Infatti, se a livello visivo questa riproposizione del classico Disney del 1994 è a dir poco strabiliante, bisogna ammettere che a livello viscerale funziona decisamente meno. E se qualche brivido arriva – perché arriva, è arrivato anche a me in più di un’occasione – lo fa solamente a causa di un riverbero che ci riporta indietro a quando eravamo più piccoli e – probabilmente – consumavamo la videocassetta dell’originale guardandolo e riguardandolo senza sosta. Perché, ammettiamolo, nella maggior parte di queste rivisitazioni - e forse in questo caso ancora di più - si tende eccessivamente a voler campare di rendita: a sfruttare i ricordi, le emozioni e la malinconia del passato per creare uno spessore che, in sostanza, scrutato da vicino è sottilissimo.

Il Re Leone FilmTant'è che – come è accaduto recentemente pure in “Aladdin” – l’espediente diventa quello di ricalcare fedelmente le immagini del film d’animazione, rielaborandole dal vivo nella maniera più speculare possibile. Come se, appunto, fosse basilare, vitale, tornare a solleticare determinate reminiscenze per avere accesso a un canale emotivo che altrimenti potrebbe non accendersi proprio, oppure farlo, ma con intensità minore. Poi, certo, va riconosciuto che rispetto proprio ad “Aladdin”, in questo “Il Re Leone” esiste un fattore JF, ovvero Jon Favreau: che, rispetto a un nome come Guy Ritche, non ti trascina in sala con delle promesse visive da mantenere, lo sai che come regista è abile nel portare a casa il prodotto con meno sbavature possibili e difficilmente riesce a mancare tale obiettivo (che, non a caso, centra benissimo). Un altro fattore, poi, è quello di Edoardo Leo e Stefano Fresi, due Timon e Pumba inaspettati: ricchi di alchimia, verve, frizzantezza, in un doppiaggio peraltro – salvando anche Massimo Popolizio – piuttosto rivedibile e che evidentemente – specie per Simba – deve aver dato priorità alla bravura vocale, perdendo qualcosa in recitazione.

Ma che creatura è, allora, questo nuovo “Il Re Leone”?
Bè, esteticamente è una creatura sbalorditiva, portentosa, incredibile. Peccato, tuttavia, sia altresì fredda, asettica, ambigua. Una pellicola che si vede e che si lascia vedere, ma che deve tutto – deve troppo – alla versione che l’ha preceduta e con la quale – secondo chi scrive – avrebbe dovuto creare un rapporto di co-esistenza e non di subordinazione.

Trailer:

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