L’Uomo Invisibile - La Recensione

L’Uomo Invisibile Film 2020Prima ancora dei titoli di testa – quando appaiono i marchi delle case di produzione – leggere il nome della Blumhouse detta già un orientamento su quello che potrebbe essere il quadro della situazione. La curiosità, allora, diventa immediatamente quella di captare se questa ennesima riproposizione del classico di fantascienza di Herbert George Wells, rappresenti un progetto secondario del marchio, oppure di punta.
E per scoprire ciò è sufficiente aspettare che l’inquadratura dello scoglio dove vanno a frantumarsi le onde lasci spazio alla prima sequenza della pellicola: quella dove la Cecilia di Elisabeth Moss mette in pratica una fuga, pianificata al millimetro (o quasi), per sfuggire a quello che capiamo essere il suo compagno.

In questo epilogo c’è tutto quello che andremo a vedere, nei pregi e nei difetti. Perché osservare questa donna terrorizzata fare i bagagli, controllando step by step che l’uomo addormentato (e drogato) al suo fianco nel letto non si svegli, mentre lei di soppiatto sbriga le ultime faccende, muovendosi dentro una villa enorme, ultra tecnologica e simile a una prigione, restituisce immediatamente quel senso di oppressione e di tensione che andavamo cercando. Non perde tempo il regista e sceneggiatore Leigh Whannell (che della sua filmografia precedente, qui, sembra voler fare un mix), e il suo volerci fare entrare in maniera fulminea nell'epicentro della vicenda, oltre a fungere da ottimo biglietto da visita per lui, (ap)paga. Nessuna scorciatoia, nessun gioco di prestigio quindi, se non fosse per quell'allarme della macchina che viene fatto suonare all'improvviso per cedere alla tentazione di uno jump scare evitabile, ma pure consentito. La realtà è che non è sfuggito a nessuno dei diretti interessati che questa nuova rilettura de “L’Uomo Invisibile” funziona: è intrigante, acuta, intelligente. Se proprio vogliamo trovargli un difetto è quello di non credere troppo nelle sue potenzialità, di aver paura che il pubblico non l’apprezzi abbastanza, scendendo a compromessi – soprattutto nel finale – con un mainstream che non lo pregiudica, ma che neppure lo meriterebbe.

L’Uomo Invisibile 2020Sorretto da una riscrittura così moderna e intuitiva, che prende un canovaccio trito e ritrito, rigenerandolo per analizzare la questione della violenza sulle donne – argomento attualissimo, tra l’altro, ora che il mondo è costretto a restare chiuso in casa e gli episodi aumentano – gli sarebbe bastato mantenere il profilo basso esercitato per buona parte della pellicola a Whannell, per portare a casa un lavoro egregio e di grande rispetto. Perché c’è tutto nell'escalation oppressiva subita dalla Moss, post-suicidio del suo ex-amante: il trauma di chi non riesce a tornare a vivere una vita normale e si sente perseguitata, la paranoia, gli sguardi pesanti degli altri e quel dubbio di una colpa che fa rima con la stessa che viaggiava anche in “Bombshell: La Voce Dello Scandalo”. Un ritratto psicologico che cresce scena dopo scena e va di pari passo agli snodi della trama, con momenti ansiogeni ben costruiti ed efficaci nel tenere sempre sulla corda lo spettatore, preda di un ritmo mai calante.
Mano ferma, o comunque ben allenata, che comincia a manifestare un briciolo di stanchezza proprio nel finale, dove si sceglie di cedere all'eccessiva spettacolarizzazione e di tornare su quei binari che era stato piacevolissimo veder da lontano, presi solo come fonte di ispirazione e non come sostegno.

Il suo dovere, però, lo fa ugualmente e pure bene “L’Uomo Invisibile”.
Un thriller-horror assai convincente e incalzante, capace di intrattenere ad altissimo livello, sgombrando le nostre menti e concedendoci quel paio di ore di puro intrattenimento e di divertimento.
Il che, considerati i tempi, è pressoché oro.

Trailer:

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