Emma - La Recensione

Emma Film 2020
Esistono prodotti destinati a un certo tipo di pubblico.
Lo so, è un cliché, ma quante volte abbiamo sentito dire, per esempio, che i film d’azione sono puro appannaggio degli uomini? Che le donne non possono apprezzarli, perché assenti di quel sentimento e di quel romanticismo loro necessario, affinché riescano a stabilire un contatto con la storia e coi suoi personaggi? Ecco, a me capita la stessa cosa, ma al contrario, quando in un film trovo la postilla tratto dal romanzo di Jane Austen. Immediatamente penso ad alcuni stereotipi che di sicuro saranno presenti in quel prodotto – emancipazione femminile, schermaglie a corte, intrecci sentimentali a lieto fine – e a come sinceramente, pur guardandolo, questi influenzeranno la mia soddisfazione complessiva.

Per cui, io, di “Emma” ero praticamente certo che non ne avrei scritto.

Che forse l’avrei guardato, ma proprio se non avessi trovato niente di meglio da fare.
Ero vittima di un cliché, insomma. Un cliché che ho cominciato a frantumare gradualmente durante la visione. Perché nell’adattamento della fotografa – al suo esordio alla regia – Autumn de Wilde c’è si, tutto quello che mi sarei aspettato di trovare in una pellicola del genere, ma in una forma insperabilmente raffinata e mai tendente a voler assecondare una categoria di pubblico in particolare. La sua Emma – affidata alla bravissima Anya Taylor-Joy – infatti non è affatto insoddisfatta e vincolata a un regime di stampo maschilista: è viziata, sicura di sé, manipolatrice, convinta di avere sempre tutto (e tutti) sotto controllo e di conoscere alla perfezione come gira il mondo. Un giorno però la sua presunzione sbatte forte la testa contro la maturità acquisita del mite George Knightley, le cui previsioni sul fidanzamento tra due amici comuni si rivelano più azzeccate di quelle stimate dalla ragazza. E da lì in poi un palo dietro l’altro, disguidi e passioni, contribuiranno a mettere in discussione la sua insolenza e le sue certezze, compresa quella nei confronti di un matrimonio verso il quale affermava nessuno interesse.

Emma Anya Taylor-JoyTuttavia, quella di “Emma” non è solo la parabola di un cambiamento; della crescita di una donna che giunge al suo compimento. Quella della de Wilde è una pellicola che va a cercare spesso, e in maniera reiterata, il pretesto per poter parlare di relazioni amorose, di battaglie tra i sessi, di corteggiamento. E non lo fa esaminando la materia dal punto di vista vetusto del classico originale, ma attraverso una rielaborazione moderna che aggiorna l’opera della Austen, riuscendo nell’impresa di mettere in scena personaggi dal carattere e dai comportamenti assolutamente attuali, che non smettono di essere credibili all'interno di un contesto che, viceversa, resta pressoché invariato. Ed è proprio in questa freschezza di atteggiamenti, nei sotto-testi degli sguardi e nelle tattiche (non) applicate da ogni protagonista per andare a dama, che la storia va ad assumere spessore; che accresce di coinvolgimento, di ritmo, sostenuta da una schiera di attori azzeccati sia per fisionomia e aderenza che per capacità professionali.
Su tutti, è doveroso citare un Bill Nighy, utilizzato col contagocce, la cui straordinarietà è percepibile ugualmente a ogni battuta o inquadratura: diffondendo buon umore e quel briciolo di speranza di riuscire a vederlo nei paraggi un pochino più a lungo.

Eppure l’intera impalcatura regge alla perfezione anche senza di lui, accompagnata da una regia – e da un lavoro fotografico e scenografico – che fa il suo dovere e dalla leggerezza di un british-humour abile a stemperare con astuzia, e con il quale è oggettivamente impossibile non andare d’accordo.

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