Da 5 Bloods: Come Fratelli - La Recensione

Da 5 Bloods Spike Lee
Se non fosse concretamente impossibile, verrebbe da pensare che “Da 5 Bloods: Come Fratelli” sia stato scritto (e girato) nelle ultime due settimane. Che la miccia capace di accenderlo derivi dal caos generato dopo la morte di George Floyd e che Spike Lee, anziché unirsi alle proteste in strada, abbia preferito fare la voce (più) grossa, utilizzando un’alternativa a lui maggiormente consona e ad ampio spettro.
Eppure – ed è ancor più significativo – la realtà dei fatti è un’altra: ovvero che questo suo ultimo film è stato girato abbondantemente prima degli eventi recenti e se le tematiche che pone al centro – come ormai dovrebbe essere piuttosto chiaro e come suggeriva anche il precedente “Blackkklansman” – ci risultano spaventosamente attuali è solo perché il nostro comportamento è riuscito a renderle immortali.

Lo dice la cronaca, lo dice il presente, lo dice Lee didascalicamente in apertura – utilizzando immagini passate alla Storia – e lo ribadiranno, infine, anche i quattro amici protagonisti tornati in Vietnam dopo la Guerra, per recuperare i resti di un loro “fratello” e riportarli in patria. Non prima, però, di aver ritrovato una cassa piena di lingotti d’oro seppellita all'epoca, con la promessa di utilizzare il loro valore in denaro come fonte di rimborso per quei diritti che l’America gli aveva garantito, pur non saldando mai il debito. Una ferita aperta, quindi, ormai nascosta tra le mille ferite di un conflitto ingiusto – e non sentito – e da un’altra serie di ulteriori vessazioni subite in seguito, a cui si potrebbe attribuire la responsabilità di una spaccatura sociale che ha visto alcuni di quei cosiddetti fratelli di sangue entrare in crisi e, magari, finire per indossare un cappellino rosso con su la scritta “Make America Great Again”.
E questo per evidenziare quanto “Da 5 Bloods: Come Fratelli” sia un’opera straripante, ambiziosa, che parte dal (prima del) Vietnam per arrivare fino alla Presidenza Trump e che cerca di assorbire, nelle personalità e nelle storie dei personaggi che racconta, tutte le delusioni, gli effetti collaterali e le ironie (della sorte) di un paese – di una madre patria – i cui (madornali) errori non smettono di ricadere (e fare del male) sui propri figli.

Da 5 Bloods FilmCi sono demoni da affrontare, incomprensioni da risolvere, punti di vista da correggere.
Nell'operazione – in apparenza semplice – di riportare a casa un membro della famiglia, seppellito per cause di forza maggiore in terra straniera, sono nascoste molteplici sottotrame (e generi) che vanno ad alternarsi e a incrociarsi. Passato, presente e un presente ulteriore al quale dovrebbe spettare il compito di determinare il futuro che verrà: tre piani temporali distinguibili a volte dalla fotografia, a volte dai dettagli, ma più accuratamente dalla scelta del formato dell’immagine (che varia da 4:3 a Cinemascope, terminando col 16:9). Un modo col quale Lee non solo riesce a tenere ordinati gli eventi, pur sovrapponendoli regolarmente, ma con il quale gli è possibile aumentare e diminuire il livello di tensione, che diventa decisamente più alto quando le bande nere si allargano e il ritorno nella giungla riaccenderà i ricordi di una guerra, forse mai totalmente (e psicologicamente) spenta.

Sembra aver recuperato lo smalto, sicuramente, Spike Lee, e lo si vede soprattutto da quanta carne ha ricominciato a mettere al fuoco – qui tantissima, per certi versi troppa – e dalla padronanza e la brillantezza con cui la gestisce. Probabilmente pecca leggermente (e volontariamente?) di retorica, in certe circostanze, ma la trasgressione è comunque giustificata dal fine e sanata dalla composizione di un paio di momenti strepitosi – mi vengono in mente quello della mina e quello in cui cita sé stesso, riprendendo “La 25ª Ora” – e assolutamente degni del suo cinema.
Pur non essendo immune da difetti – dovuti più che altro alla gestione di un copione che supera le due ore e mezza – “Da 5 Bloods: Come Fratelli”, infatti, è probabilmente il film migliore per provare a capire i tempi che corrono (nel caso ci fossero delle lacune), per rendersi conto di quanto marce e profonde siano alcune radici e per sostenere una causa che, oltre ad essere sacrosanta per i diretti interessati, se avallata, renderebbe all'istante questo mondo un posto meno assurdo (e migliore).

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