Gravity - La Recensione

Non è una storia pazzesca da raccontare quella che segna il ritorno alla regia di Alfonso Cuarón, assolutamente, “Gravity” più che altro è una storia pazzesca da vedere e da sostenere. Un concentrato di spettacolarità ed estetica reso ancor più realistico da un uso ottimale e mai invadente del 3D, eccellente integrato che catapulta nell’attrattiva immensa dello spazio e porta alla deriva protagonisti e spettatori.

Trama scarnissima se non quasi assente, rimpiazzata a sua volta dalle numerosissime e infinite catastrofi a catena che vanno a incastrarsi e a colpire i due astronauti scelti George Clooney e Sandra Bullock durante la loro missione di riparazione di un satellite guasto. Ma la distruzione semi-totale di base ed equipaggio che li colpisce non induce Cuarón a percorrere la strada più breve e ad incentrare la sua pellicola sulla sopravvivenza dei due protagonisti nello spazio (dove si svolge il 99% del film), intelligentemente (o furbamente), invece, il regista sceglie di affinare suo il punto di vista e di andare ad abbracciare a tutto tondo, e senza la minima fretta, la vita personale della dottoressa Ryan interpretata dalla Bullock, proclamandola di diritto reale protagonista della vicenda. Senza nascondersi, e scegliendo anche un paio di fotogrammi determinanti e fin troppo chiari, “Gravity” si trasforma allora in un opera di rinascita e di coraggio, il richiamo a una vita inizialmente asfissiata ma poi voluta indietro così fortemente da riuscire metaforicamente a ricostruirsi da zero.

Ci pensano competenza e bravura di Alfonso Cuarón pertanto a sopperire all'ossatura poco idonea e robusta alla causa, due qualità fondamentali che bastano a mantenere il peso specifico del suo lavoro ben saldo e coi piedi fermi a terra. Il regista sfrutta al meglio i momenti sfortunati ai quali i suoi personaggi devono far fronte rendendoli cinematograficamente ansiogeni e mozzafiato - da vivere come da sostenere - gestisce perfettamente la pochezza di scenografia a sua disposizione e, in più di un occasione, si permette il lusso di virarla in punto di forza elargendo tensione e brividi di paura. Una combinazione di mosse e strategie che non possono fare altro che spostare il decreto del film su di un giudizio prevalentemente positivo, nonostante sia i se che i ma non spariscano ed emergano a galla. 

Perché in altre mani “Gravity” anziché assumere un aspetto meraviglioso e a tratti irresistibile avrebbe rischiato di certo il tracollo, non c'è che dire. Eppure è anche vero che da un regista del calibro di Cuarón ci si aspettava senz’altro qualcosa di più sostanzioso che un apoteosi di abilità e tecnica come questa. Nonostante la rinascita della dottoressa Ryan trovi una similitudine con quella del regista stesso, il quale, dopo un’assenza durata ben sette anni, evidentemente aveva voglia di tornare a muoversi e rinascere cinematograficamente. 
In tal caso il “Gravity”-pensiero potrebbe assumerebbe le forme di una maratona stravinta.

Trailer:

Commenti