Captain Phillips: Attacco in Mare Aperto - La Recensione

Legato al giornalismo e alla cronaca per storia e definizione, Paul Greengrass ha messo da subito in chiaro come la sua poetica cinematografica nutrisca forza e interesse quando posizionata al cospetto di fatti realmente accaduti. Non a caso, accantonando temporaneamente da un lato la parentesi Jason Bourne, è lampante notare come la filmografia del regista sia sempre stata morbosamente attratta dal racconto di eventi, principalmente americani, che all'interno del loro nucleo contenessero un anima veritiera, mista a eroismo e ad un pizzico di patriottismo.

Il passo falso di "Green Zone" non sposta quindi il regista di neppure un centimetro dal seguitare a ragionare lungo questa lunghezza d'onda, spingendolo fino al racconto degli orrori accaduti al capitano Richard Phillips nell'aprile 2009, quando al comando della nave mercantile americana MV Maersk Alabama dovette fare i conti insieme al suo equipaggio con l'attacco di uno scafo guidato da quattro Pirati Somali armati che, in cerca di cospicue somme di denaro, finirono per rapirlo con l'intento di chiedere un riscatto al governo americano. Tratto dal libro scritto da Phillips stesso, intitolato A Captain's Duty: Somali Pirates, Navy SEALS, and Dangerous Days at Sea, con quest'ultimo lavoro Greengrass sembra quasi voglia andarsi a connettere fortissimamente con l'altro da lui già compiuto di "United 93", sono molti infatti i punti in comune che uniscono "Captain Phillips: Attacco in Mare Aperto" alle dinamiche terroristiche di quel volo in parte sventato nel giorno dell'11 Settembre 2001, a cominciare dalla minaccia di attentato gestita con organizzazione e sangue freddo da semplici passeggeri civili, fino a saltare alle conseguenze che la data di quella catastrofe causarono al cuore di un paese cambiandolo poi profondamente.

Solido del suo credo, secondo il quale camera a mano e piani stretti sono le scelte indispensabili per garantire tensione e ansia a chi si trova a guardare, Greengrass applica alla pellicola la regia frenetica marchio di fabbrica che lo contraddistingue, e con essa riesce a replicare senza disperderla inutilmente la paura e la sofferenza vissuta dai protagonisti oltre il mezzo del grande schermo. Tom Hanks e Barkhad Abdi - capitani entrambi ma di sponde diverse - da parte loro persuadono lo spettatore sorretti dalla spaventosa bravura con cui sono in grado di entrare nei corpi assegnati facendo dimenticare completamente la figura dell'attore e risaltando carattere e personalità dell'americano-medio uno e della vittima senza più nulla da perdere l'altro.

Incredibilmente teso e asciutto "Captain Phillips: Attacco in Mare Aperto" conquista pertanto privo di ogni riserva, non mollando mai quella presa che va ad incastrare dentro il nostro stomaco stimolando senza alcuna pietà rabbia e dolore fino all'ultimo secondo. In gran parte si consacra - come accaduto per il Jason Bourne che prima avevamo accantonato – prodotto di puro e spietato intrattenimento nel quale, però, potrebbe celarsi, ben mimetizzata, qualche lettura di natura appena più intrinseca.   

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