Lei - La Recensione

Da queste parti Spike Jonze piace, piace moltissimo, motivo per cui parlarne bene ci fa sempre molto piacere, e motivo per cui attendevamo anche con un minimo di ansia di vedere la sua ultima fatica, "Lei", una storia che incuriosiva soprattutto per la rappresentazione del rapporto sentimentale che vede il suo protagonista, Joaquin Phoenix, innamorarsi di un computer di futura generazione.

Le premesse per fare bene d'altronde c'erano tutte: un mondo - un futuro per l'esattezza - a noi piuttosto prossimo: coloratissimo e inghiottito dalla tecnologia; un protagonista spaesato e confuso: più bravo a scrivere lettere per curare le relazioni degli altri che a badare a quelle che lo coinvolgono; e un sistema operativo interattivo, apparentemente perfetto e nuovo di zecca, che promette di integrarsi perfettamente con la vita del suo acquirente, rintracciandone la personalità e adattandosi ad essa per compiacerlo e soddisfarlo.
Fa un effetto strano notare però, a questo punto, come il punto di vista solitamente utilizzato da Jonze decida di muoversi secondo un piano diverso: spostandosi radicalmente e andando a vestire il ruolo dell'osservatore, il ruolo di colui che analizza attento e preoccupato la decadenza e la paura raggiunta nell'epoca moderna dai rapporti umani-sentimentali. Al contrario di quanto avveniva in "Nel Paese delle Creature Selvagge" infatti, sebbene "Lei" si dimostri acuto, ironico e intelligente in molti aspetti, nello spazio artificiale su cui va ad incastrare i suoi componenti inserisce qualche ventola di troppo, che raffredda le emozioni in favore della concentrazione; scelta non casuale eseguita per accompagnare con facilità la connessione veloce con le paure e le insicurezze dell'eccellente protagonista che racconta.

D'altronde Phoenix è ufficialmente il vero catalizzatore, il centro assoluto di una storia che lo vede interagire praticamente con il niente: divertirsi, commuoversi ed emozionarsi solamente grazie ad un micro-auricolare attaccato all'orecchio (da cui esce una vocina sexy, in originale di Scarlett Johansson). Eppure Jonze non nega di essere meno interessato a raccontare il solito rapporto uomo-macchina, ormai sfruttatissimo, e non a caso appena glie ne viene data possibilità sceglie di procedere la sua esplorazione estendendo lo sguardo oltre la vita del protagonista, deviandolo a condividere il suo stato emotivo con altri esseri umani e mostrando, con una sensibilità disarmante e nuda, quanto la facilità di stringere, mantenere e sorreggere i rapporti sentimentali, oggi, abbia subito un'arresto determinante, vicino alla chiusura.

Senza dare risposte ma magari sciogliendo qualche piccolo nodo a riguardo, il regista cuce allora pezzo dopo pezzo un ritratto del nostro tempo, che è, si, principalmente doloroso e malinconico ma anche aperto alla positività, quindi tenero e colmo di (vero) amore e speranza. Certamente il cambiamento narrativo di Jonze spiazza e disorienta leggermente, ma è anche vero che pur avendo modificato il suo modo di raccontare il regista non ha perduto nemmeno di un minimo quel magico tocco di cui è portatore sano. Perché "Lei" forse non sarà in grado di elargire scossoni viscerali o terremoti emotivi, ma tuttavia scava nei meandri più nascosti dei nostri stomaci e cervelli mettendoci di fronte alla consapevolezza di poter vivere a pieno abbracciando e convivendo con tutte quelle fragilità e paure che ci rendono un po' più deboli ma decisamente umani. E sa compiere tutto ciò con una facilità e una bellezza unica e straordinaria.

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