Last Vegas - La Recensione

Il titolo magari potrebbe portare fuori strada, facendo pensare che "Last Vegas" sia nient'altro che la versione geriatrica dello stracopiato e fortunatissimo "Una Notte da Leoni".
In realtà, le cose stanno decisamente in modo diverso.

Las Vegas, luogo di bagordi e follie, nella pellicola diretta da Jon Turteltaub si trasforma, per la prima volta forse, in un luogo di chiarezza e rinascita. I quattro amici ormai anziani, che dopo cinquantotto anni si riuniscono per festeggiare l'addio al celibato di uno di loro prossimo al matrimonio con una ragazza esageratamente più giovane, sono afflitti infatti da vite stanche e noiose, bloccate sotto vari aspetti, e l'opportunità di dare un taglio alla monotonia della vecchiaia con un viaggio entusiasmante nella città del peccato nasce nella loro testa insieme a delle idee che andranno inevitabilmente poi a variare scatenando dei riverberi inattesi.

Tendenzialmente è una storia sulla terza età "Last Vegas", sulle possibilità che questa sa concedere per mantenere una felicità comunque viva, non obbligatoriamente destinata a scemare e ad andarsene dopo aver immagazzinato nella mente ricordi preziosi da contemplare accasciati malinconici su di una scomoda poltrona. Però è anche una storia che stuzzica alla perdita del controllo, ad uscire da una routine che si pensa sia imprescindibile e a sfogarsi in quello stretto lasso di tempo a disposizione per accumulare ossigeno a sufficienza e tornare infine rigenerati a trattenere il fiato in attesa della fatidica telefonata destinata a mettere il punto.
Fa bene allora Turteltaub solamente a stuzzicare questa seconda molla, a non mettere mai i suoi protagonisti in condizioni estreme o ridicole, ponendoli ad ammirare le esaltazioni senza autorizzare l'intenzione di imboccarci dentro con tutte le scarpe, servendosene unicamente per smuovere la scena, mettere a fuoco, e per elargire tiepide risate, basilari a trascinare avanti la commedia senza appesantirla o, peggio ancora, scolorirla.

Michael Douglas, Robert De Niro, Morgan Freeman e Kevin Kline in questa giostra luccicante impostata per loro a velocità crociera si amalgamano agevolmente e con estremo bilanciamento, nonostante qualche volta non resistano a gigioneggiare un po' troppo (specie De Niro) e ad eccedere animati da un contesto che, per sua natura, tollera l'alzata di gomito privandone i contraccolpi e appoggiandone gli impulsi.

Va da sé che non può trasudare né grasse risate né profonde riflessioni tuttavia "Last Vegas". Come rimpatriata tra grandi vecchi (ultimamente ne stiamo vedendo parecchie) è accettabile e godibile, ma va sottolineato che la sua regola di fondo che gli impedisce di traboccare per vincolarsi alla sobrietà lo va ad incastrare in una posizione piuttosto ostica, alla quale non si può recriminare nulla ma nemmeno elogiare qualcosa. E che ciò possa essere un pregio oppure un difetto è interrogativo tutto da decifrare, ma nel farlo quantomeno non ci annoieremo nemmeno un poco.

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