Anarchia: La Notte Del Giudizio - La Recensione

Al di là di ogni considerazione, c'è un messaggio importantissimo che James DeMonaco ci invia con questo secondo capitolo dedicato alla giornata della purificazione. Il messaggio riguarda la sua volontà autoriale (essendo lui sia regista che sceneggiatore della saga), intenta a non volere affondare troppo il coltello nel mare di discorsi che la sua opera sarebbe in grado di stimolare, ma al contrario desiderosa di rimaner concentrata nel genere thriller, privilegiando l'intrattenimento leggero e aperto a tutti.

DeMonaco conosce benissimo le potenzialità impressionanti del suo lavoro, le scopre lui stesso, mostrando allo spettatore l'opportunità di potersi addentrare sia in teorie filosofiche che in teorie politiche, entrambe terrorizzanti. Lo fa però con la potenza di un sussurro, gettando semi che sa di non potere (o volere, appunto) annaffiare, forse perché cambierebbero troppo un respiro consolidato o, magari, perché frenato dalle braccia incatenanti di due produttori a cui deve molto come Michael Bay e Jason Blum. E allora questo "Anarchia: La Notte Del Giudizio" in un certo senso addolcisce ma lascia anche l'amaro in bocca, perché estende la sua focale sbarazzandosi del contesto claustrofobico, casalingo e limitante, affrontato nel precedente capitolo, ma, uscendo in strada, non sfrutta a pieno gli spunti che lui stesso ama concedersi, accontentandosi di mettere in piedi una trama senza dubbio più ricca e dinamica ma che tuttavia, alla lunga, diventa prevedibile e ridondante. L'uomo eroe, le donne indifese, la coppia in crisi che cerca di ritrovarsi, tutti accorpati in una struttura rigida e canonica, proposta e riproposta all'esaurimento e che, ad ogni angolo, si lascia anticipare dallo spettatore che comunque ha il vantaggio di non restare mai deluso, rassicurato dalla meta buonista intrapresa.

Insomma, più libertà si, ma vuole andarci cauto il trio DeMonaco/Bay/Blum, attaccando l'America, ma con prudenza, mostrandone il peggio, ma fingendo di tifare per il meglio, in un gioco di presa in giro che punta ad accennare i difetti per poi immediatamente rimangiarseli subito, o quantomeno fare finta di niente. Con questo atteggiamento i tre sanno perfettamente di rischiare poco e guadagnare molto, non spaventando il pubblico - di cui il loro prodotto parla ed a cui è destinato - e tornando a casa non proprio purificati - per dirla a modo loro - ma in condizioni meno represse e infiammate rispetto a quando erano usciti.

Perché in fondo non vale la pena essere arroganti fino in fondo e dare sfogo - non a caso - a teorie che vedono l'America come un paese tendenzialmente violento e trattenuto, a borghesi distinti disposti a pagare oro per uccidere i loro simili di classe inferiore, a militari istruiti dal governo per mantenere un equilibrio di popolazione. Sarebbe tutto troppo profondo e rischioso per una pellicola nata per caso e cresciuta per svolgere al meglio la sua funzione secondaria: fare box office.

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