Senza Nessuna Pietà - La Recensione

Molte volte un attore al posto di un altro può elevare il livello di una pellicola da medio a alto.
Spesso accade quando nella storia da raccontare c'è da dare vita ad anime silenziose, anime che parlano con sguardi, respiri, movimenti del corpo. Cose che non ogni attore è all'altezza di mettere in pratica.

Se il concetto non è chiaro "Senza Nessuna Pietà" può dare una mano, e ancora meglio può fare Pierfrancesco Favino ingrassato di qualche decina di chili per dar vita migliore al suo silenziosissimo Mimmo, impiegato di cantiere ma anche mano pesante quando c'è da recuperare denaro per lo zio strozzino e la sua banda. Con la sua stazza, il suo affanno e i suoi occhi da buono, l'attore romano innalza il valore della pellicola di Michele Alhaique, di almeno un buon trenta percento, oscurando quasi del tutto la non forza di una trama, per niente elaborata o sofisticata, che si complica la vita quanto basta quando fa entrare in scena una giovane prostituta che per via di strane vicissitudini mette Mimmo contro suo zio e, di fatto, contro quelli che prima erano i suoi pericolosi amici.

L'opera prima di Alhaique, dunque, ha la forza di godere di ottima salute. Se non altro perché oltre alla base solidissima di un interprete grandioso (forse il migliore oggi in Italia), non manca di rafforzare il resto con un cast convincente e una regia che sa benissimo quando e come avvicinarsi al meglio alle sue pedine. Camera a mano e primi piani - ma anche primissimi - sono imperativi fondamentali in "Senza Nessuna Pietà", perché servono a mantenere alta e credibile l'immoralità di fondo e rendono ancor più veritiera l'ambientazione popolare di una Ostia criminale. Stringe molto la camera su Favino Alhaique, è ovvio, poiché anche con l'entrata in scena di Tanya, altra anima lacerata all'interno, quello di Mimmo resta il personaggio più affascinante che non lascia via di scampo. Mario Brega lo definirebbe come la sua mano, ferro o piuma a seconda delle circostanze, visto che come un camaleonte si adatta alla sopravvivenza pur senza celare troppo la sua natura da gigante buono.

Neanche a dirlo allora se "Senza Nessuna Pietà" finisce per agguantare molto più di quanto in realtà dovrebbe, il merito è tutto della colonna portante e resistente che sta li sotto a sostenerlo. Come tuttavia anche del suo regista che, consapevole o meno delle potenzialità di ciò che aveva in mano, è riuscito a tirare fuori il massimo assoluto dal suo grezzo oggetto.

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