Ouija - La Recensione

Il genere horror è sicuramente uno dei più generosi quando si tratta di dover trovare pretesti per una storia. Qualsiasi cosa, anche la più zuccherosa e dolce, infatti se inserita in un contesto leggermente alterato può tramutarsi nell'oggetto malvagio peggiore che sia mai stato forgiato. Figuriamoci allora se, anziché bambole, specchi, case o quant'altro, ad essere preso come elemento di paura sia invece la tavoletta Ouija, specialista delle sedute spiritiche e canale speciale in grado di mettere in comunicazione i vivi con i morti.

Strano dunque che fino ad ora nessuno abbia mai deciso di dedicargli un film che ne esaltasse le caratteristiche, uno di quelli che non solo parlano di sedute spiritiche ma che rendano la tavoletta in questione fondamentale strumento e terrificante oggetto al medesimo tempo. A colmare questo vuoto però ci pensa il regista Stiles White, che oltre a dirigere, scrive con Juliet Snowden una trama quanto mai classica e prevedibile, che tuttavia ha il pregio di lasciarsi guardare con piacere per via dell'ottima cura con cui va a gestire situazioni e tensioni. Poiché se "Ouija" è lampante che non porti niente di nuovo all'interno del genere in cui si colloca - né come innovazioni e né come racconto - quantomeno ha il pudore di rispettarlo e di onorarlo al massimo della sua portata, risultando sempre credibile nelle performance degli attori e allestendo una fotografia - spesso costituita solo da fioche luci e da ombre - tarata ed efficiente.

La mano dei produttori in questo caso si sente forte e fa la differenza, specie quella dell'esperto Jason Blum, al quale dobbiamo la maggior parte degli horror di successo usciti negli ultimi anni: su tutti i due capitoli di "Insidious". Ed è proprio da "Insidious" che questo "Ouija" ruba tantissimo, troppo probabilmente, specialmente nei momenti delle visioni attraverso la lente dell'indicatore mobile, con il quale - durante le sedute - è possibile vedere gli spiriti che si manifestano intorno alla stanza. La scaletta che gli fa da telaio, viceversa, è studiata secondo i metodi più antichi e ordinari possibili, con morti in successione alla "Final Destination" e scopiazzamenti generici che rievocano persino il "The Ring" di Verbinski, nonostante la sempre perenne intelligenza di fondo messa a trasmettere più rispetto e voglia di migliorare un prodotto onesto, anziché la solita furbizia gratuita e seccante.

Con la sua durata di novanta minuti scarsi pertanto, "Ouija", umilmente come pochi, intrattiene saldo pur senza andare a marcare alcun tipo di territorio specifico. La pellicola di White, in fondo, la si dimentica subito, ma durante il suo scorrere la si guarda con estremo svago e appetito.

Trailer:

Commenti