Il Libro Della Vita - La Recensione

Il nome di Guillermo Del Toro, produttore di "Il Libro Della Vita", vale molto più di uno sponsor per il primo lungometraggio diretto dall'animatore (e amico) Jorge R. Gutiérrez.
Messicano uno e messicano l'altro, la loro collaborazione va a formare un'accoppiata di visionari dal cuore d'oro, piena di buoni sentimenti e con in comune la stessa voglia di raccontarli attraverso mondi improbabili e assurdi, abitati da persone comuni o meno, e protetti o minacciati da quella dose di magia e fantasia, punto cardine della loro incisività.

E' un'animazione che rinuncia all'eleganza moderna, quella di Gutiérrez, in favore di un tocco assai più artigianale e una legnosità levigata, simbolo della fiaba nella storia raccontata dalla dipendente del museo - apparentemente noioso - agli indisciplinati bambini appena arrivati in gita scolastica e non propriamente adatti al classico tour proposto dal luogo. Bambini, si, eppure "Il Libro Della Vita" non è assolutamente orientato a voler disciplinare e intrattenere solo loro, perché nel suo coinvolgimento è compreso - senza premeditazioni - qualunque tipo di target, adulti granitici compresi, trascinati piacevolmente dalla forza dei valori e dall'autenticità che è parte essenziale del DNA del prodotto.
Come in ogni storia educativa che si rispetti allora c'è l'amore a fare da fulcro e da propulsore principale, l'amore provato dai due bambini e migliori amici Manolo e Joaquin per la bellissima Maria, coetania ribelle, amica di entrambi e in futuro sposa sicuramente di uno dei due. Un destino su cui giocano dall'alto del loro potere La Morte, Regina del regno dei ricordati, e Xibalba, Re del regno dei dimenticati, il quale stanco di governare una landa desolata sfida la sua consorte a scambiarsi il dominio delle terre, scommettendo su quale sarà, da grande, la scelta definitiva di Maria: se il romantico aspirante musicista Manolo, oppure il virile aspirante combattente Joaquin.

Li vediamo crescere dunque questi bambini, spinti verso i loro sogni e il loro amore da conquistare, ma anche tenuti al guinzaglio da genitori che vorrebbero vedere ancora glorificato e onorato il loro cognome di famiglia. Un peso che sin dall'inizio - durante la gioiosa festa dei morti in cui ci vengono presentati i protagonisti - capiamo essere ingombrante e scomodo sia da sostenere che da gestire, snervante soprattutto per chi, come Manolo, al mestiere di torero preferisce quello di musicista, entrando in conflitto con il padre e con sé stesso.
Così è nella sua seconda parte che "Il Libro Della Vita" si schiude completamente mostrando quanto elevati, in realtà, siano i suoi mezzi e i suoi intenti: con Xibalba che bara pur di vincere la sua scommessa e Manolo, caduto vittima di quest'ultimo, disposto a tutto per rimettere le cose apposto. Il viaggio nel regno dei morti che ne consegue è uno dei passaggi più alti che Gutiérrez ci regala, carico di ironia e di una commozione di rara semplicità e potenza, la quale culmina, poi, in una risoluzione splendida dove l'amicizia e l'onestà riprendono le loro forme native riequilibrando ogni sbalzo.

La bontà e la scioltezza con cui "Il Libro Della Vita" si impone sullo spettatore rievoca - probabilmente senza volerlo - quei classici Disney anni novanta, maestosi per essere stati concepiti, appunto, con semplicità e affetto. Chissà, magari un minimo di influenza da loro Gutiérrez l'avrà avuta, ma bisogna dargli atto di essere stato (insieme a Del Toro) comunque impeccabile nel riproporla personalmente e priva di quelle influenze contemporanee più dannose che positive.

Trailer:

Commenti