Heart Of The Sea: Le Origini Di Moby Dick - La Recensione

L'impressione che si ha guardando "Heart Of The Sea: Le Origini Di Moby Dick" è quella di assistere ad un film al di sotto delle sue potenzialità, probabilmente eseguito sotto richiesta, e da cui pretendere quindi poco o nulla, eppure contenente, sotto il suo assemblamento mastodontico, da spettacolo puro, assai di più di quanto si creda.

Nel raccontare quelle che vengono definite come le origini del romanzo scritto, in seguito, da Herman Melville infatti, la sceneggiatura scritta da Charles Leavitt, affidata a Ron Howard, pone l'accento sul confronto e la convivenza tra due coppie di uomini in netto contrasto tra loro, costretti a coesistere nello stesso luogo, per un determinato periodo di tempo, sradicando un'esperienza che andrà inevitabilmente a cambiarli in maniera definitiva, e in meglio. La prima coppia è appunto quella formata dal Melville di Ben Whishaw e dal Thomas Nickerson di Brendan Gleeson, scrittore alla ricerca di un racconto con cui potersi mettere in mostra, il primo, e uno dei pochi superstiti della tragica avventura che vide la balena bianca - rinominata Moby Dick più avanti - fare la sua comparizione, distruggendo la baleniera Essex e provocando il naufragio e la morte lenta di numerosi uomini, il secondo. La seconda coppia, invece, è quella formata da chi rese possibile quegli avvenimenti, ovvero il capitano, nato con la camicia, George Pollard e il campagnolo più qualificato di lui, ma costretto al ruolo eterno di primo ufficiale, Owen Chase, i quali fecero della loro rivalità una questione di stato, perdendo completamente la ragione e trascinando la loro ciurma in un viaggio epico a cui nessuno era preparato.

Di queste individualità in contrasto, di questi uomini feriti da una parte e alla ricerca di gloria dall'altra, però "Heart Of The Sea: Le Origini Di Moby Dick" non si prende troppa cura, li inquadra a dovere, si accorge di loro, ma non pensa siano abbastanza interessanti da rubare la scena al mare e a quella creatura gigantesca definita come suo cuore, celata negli abissi più profondi e tuttavia prima responsabile di quella superficialità che fa arenare la pellicola di Howard in una secca in cui c'è poco da prendere per sopravvivere e tantissimo da recriminare. Moby Dick non viene eletta allora né protagonista, né tantomeno giostra unica e indiscussa in un parco divertimenti, a questo punto, privo di tematica e di innalzamento: le incursioni del cetaceo sono rare, sostanziose, ma rare, non sufficientemente incisive per legare le corde di un lavoro in crisi di identità, di idee e a cui non resta che gettare in mezzo alla sua tempesta dialoghi improbabili che tirano dentro la figura di Dio, l'uomo e la sua pazza idea di voler cercare di dominare la natura (con retoriche annesse).

Bastava scegliere una posizione, del resto, decidere di salpare verso un mare pericoloso, spettacolare, da offendere e da attaccare full immersion, oppure utilizzare lui come metafora per fare un ragionamento più ricercato sull'uomo e, magari, anche sulla natura. Perché, questo "Heart Of The Sea: Le Origini Di Moby Dick", sulla carta poteva essere tante cose, interessanti e meno, poteva sceglierne una, oppure addirittura tutte, ma da questo a farsi accenno sensibile di ogni seme piantato di acqua sotto i ponti, o sotto le navi, ce ne passa.
Poi, sinceramente, di naufragi desolati e di mari scenograficamente impressionanti negli ultimi anni abbiamo visto tutto, per cui se non si ha niente di diverso o di migliore, tanto vale lasciar perdere e rimanere a riva.

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