Natale Col Boss - La Recensione

I tempi del cinepanettone sono lontani, archiviati, tant'è che la ricetta rubata e riprodotta altrove non suscita nemmeno rabbia o voglia di competizione, perché alla Filmauro, adesso, l'unica priorità è mettere Lillo & Greg nelle condizioni di esprimere al meglio la loro comicità.

Ci avevano provato con "Un Natale Stupefacente" - primo, vero, lungometraggio della coppia - raggiungendo un risultato discreto, ma ancora lontano dalle migliori possibilità: con delle gag e delle battute trafugate molto dal repertorio storico del duo comico romano e una sceneggiatura scritta forse con meno impegno rispetto a quanto ci si potesse aspettare. Anno dopo anno, tuttavia, i progressi sembrano crescere costantemente e con "Natale Col Boss" si arriva forse ad un equilibrio di commedia che non permette ancora, magari, di chiudere il cantiere, ma probabilmente di poterne ipotizzare una risoluzione a brevissimo. D'altronde un impalcatura così solida non si vedeva in questo genere di prodotto praticamente da decenni ed è superfluo rimarcare che la fonte d'ispirazione non sia del tutto originale, ma presa in prestito dai classici americani anni '80 (riferimento esplicito sia di umorismo che di qualità per i due protagonisti principali). Volfango De Biasi sa andare incontro egregiamente alle caratteristiche e all'ironia dei suoi protagonisti, scrivendo e dirigendo una pellicola che segue alla lontana la scia fantasma di "The Blues Brothers" e catapulta goffamente e casualmente i chirurghi plastici di Lillo & Greg in una realtà più grande e crudele di loro: con la camorra che vuole ucciderli per via di una plastica facciale andata male e che ha trasformato il loro boss in Peppino Di Capri, anziché in Leonardo DiCaprio.

Escono definitivamente di scena, allora, le volgarità e gli sketch sbiaditi e sterili, lasciando il posto necessario alla costruzione di una action comedy orchestrata come si deve, senza punti di riferimento e in cui il fattore risata resta fondamentale, ma utilizzato sempre con astuzia e perizia. Il duo comico romano è a suo agio come mai gli era capitato sino ad ora e si prende la scena con facilità, competenza e la voglia di stupire il pubblico con battute formidabili, in linea con il loro repertorio, battute che strappano risate a catena e di gusto, specie in un paio di occasioni memorabili. Paolo Ruffini e Francesco Mandelli li affiancano come meglio possono, adattandosi al contesto quando è opportuno e aggiungendo un po' di farina del loro sacco quando si spalleggiano a vicenda: stonando leggermente in qualche frangente, ma sicuramente anche catturando quella fascia di pubblico maggiormente orientata verso una comicità più veloce ed esplicita. Sorprende, infine, la spontaneità con cui Peppino Di Capri aderisca perfettamente al ruolo di sé stesso e a quello di boss della malavita, entrando e uscendo dal personaggio con una certa dimestichezza e ostentando persino una vena di umorismo e di autoironia non programmata, ma ben accetta. Meno bene va invece a Giulia Bevilacqua, l'unica donna in scena, confinata nella sua indiscutibile bellezza e non valorizzata a dovere da un copione che avrebbe potuto tranquillamente sfruttarla in altro modo (vedi la Carrie Fisher di John Landis).

Di progressi però con la sua creatura Aurelio De Laurentiis ne ha fatti tanti, bisogna riconoscerlo. E nonostante gli incassi non lo abbiano ancora ripagato totalmente degli sforzi e della buona volontà, il suo film di Natale continua a migliorare e a fare passi in avanti, senza mai tornare indietro a riprendere i panni svestiti. Segnale che testimonia quanto anche da parte sua ci sia voglia di rottamare un certo tipo di comicità scadente e di cattivo gusto, per fare largo, magari, a quella dissacrante e irresistibile di due cavalli di razza come Lillo & Greg. Il tutto, chiaramente, pubblico permettendo. 

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