"Il secondo album è sempre più difficile nella carriera di un artista", cantava (e canta) CapaRezza mentre radunava e poi distruggeva, con umorismo, quei luoghi comuni eterni a cui non è immune nessun cantante che sta attraversando la rampa di lancio della sua carriera musicale. Perché, rimanendo in tema di luoghi comuni, si dice che il primo album te lo trovi nel cassetto, già fatto, grossomodo, mentre per gli altri, invece, è tutto un'altro paio di maniche.
Insomma, Rocco Papaleo era avvisato. Del resto, il mondo della musica e quello del cinema sono parenti stretti e se la fortuna del primo lungometraggio nel secondo lo aveva abbandonato in questo suo terzo era importante mettere la massima dedizione per non permettere ad una retorica inutile, ingombrante e datata di avere ancora ragione e farla franca. A quanto pare, però, se il secondo è difficile, il terzo è impossibile. O perlomeno così è se non possiedi sufficienti armi a disposizione per combattere. E, sinceramente, "Onda Su Onda" di armi a suo favore da l'impressione di non averne affatto, se non quelle di qualche gag comica tra Papaleo, Alessandro Gassmann e Massimiliano Gallo che tuttavia lasciano un po' il tempo che trovano, mandando la pellicola più alla deriva che verso la terra ferma. Per dirla in termini marini, all'ultimo lavoro del regista lucano manca un'àncora a bordo, quel punto fermo, piantato alla radice, su cui potersi appoggiare per poi dettare i tempi di una trama per nulla fresca e quindi da far passare in secondo piano, in favore di un diversivo adeguato e robusto, da impostare, magari, nel triangolo creato tra i due principali interpreti maschili e l'altro femminile di raccordo. Ma viceversa, preferiscono muoversi praticamente a briglia sciolta, i tre, intrecciandosi in molteplici situazioni, ma traendo dalle stesse quel minimo indispensabile inefficace da qualunque orizzonte lo si vadi a guardare, mettendosi da soli, purtroppo, in una condizione di naufragio alla quale sfuggire non è soluzione contemplabile.
Manca soprattutto di idee allora "Onda Su Onda", di quel sentimento che aveva contraddistinto il primo lavoro di Papaleo permettendogli di avere successo e respiro. Appare come una scatola vuota, riempita a forza con degli oggetti di recupero che, per quanto utili a costruire qualcosa di buono, avevano bisogno di un collante più resistente per rimanere saldi e interi. La conseguenza è quella che porta a far sfumare velocemente il contrasto creato tra il cantante fallito e il cuoco dal passato tenebroso, così come a rendere solo un riscaldamento quei passaggi in cui i due si allenano per rendere la farsa creata il più reale possibile. Medesima lunghezza d'onda, potremmo dire, che va a toccare anche lo scoglio drammatico della pellicola, se consideriamo il mancato approfondimento dei due personaggi e dei loro caratteri, per cui è previsto un risvolto privato abbastanza rilevante e colmo di squilibrio.
Un progetto, dunque, quello di Papaleo che, probabilmente, lanciava segnali preoccupanti sin dalla sceneggiatura, dove i buchi nell'acqua erano visibili e pertanto potevano essere evitati. D'altronde come è vero che il primo disco (o il primo film) te lo ritrovi nel cassetto è altrettanto vero che prima di finirci in quel cassetto di lavoro e di impegno ne richiede un immensità, per anni.
Quella che dopo rischia di venir meno, innalzando le difficoltà e rinforzando indirettamente una retorica dalle radici sin troppo semplici e banali.
Trailer:
Insomma, Rocco Papaleo era avvisato. Del resto, il mondo della musica e quello del cinema sono parenti stretti e se la fortuna del primo lungometraggio nel secondo lo aveva abbandonato in questo suo terzo era importante mettere la massima dedizione per non permettere ad una retorica inutile, ingombrante e datata di avere ancora ragione e farla franca. A quanto pare, però, se il secondo è difficile, il terzo è impossibile. O perlomeno così è se non possiedi sufficienti armi a disposizione per combattere. E, sinceramente, "Onda Su Onda" di armi a suo favore da l'impressione di non averne affatto, se non quelle di qualche gag comica tra Papaleo, Alessandro Gassmann e Massimiliano Gallo che tuttavia lasciano un po' il tempo che trovano, mandando la pellicola più alla deriva che verso la terra ferma. Per dirla in termini marini, all'ultimo lavoro del regista lucano manca un'àncora a bordo, quel punto fermo, piantato alla radice, su cui potersi appoggiare per poi dettare i tempi di una trama per nulla fresca e quindi da far passare in secondo piano, in favore di un diversivo adeguato e robusto, da impostare, magari, nel triangolo creato tra i due principali interpreti maschili e l'altro femminile di raccordo. Ma viceversa, preferiscono muoversi praticamente a briglia sciolta, i tre, intrecciandosi in molteplici situazioni, ma traendo dalle stesse quel minimo indispensabile inefficace da qualunque orizzonte lo si vadi a guardare, mettendosi da soli, purtroppo, in una condizione di naufragio alla quale sfuggire non è soluzione contemplabile.
Manca soprattutto di idee allora "Onda Su Onda", di quel sentimento che aveva contraddistinto il primo lavoro di Papaleo permettendogli di avere successo e respiro. Appare come una scatola vuota, riempita a forza con degli oggetti di recupero che, per quanto utili a costruire qualcosa di buono, avevano bisogno di un collante più resistente per rimanere saldi e interi. La conseguenza è quella che porta a far sfumare velocemente il contrasto creato tra il cantante fallito e il cuoco dal passato tenebroso, così come a rendere solo un riscaldamento quei passaggi in cui i due si allenano per rendere la farsa creata il più reale possibile. Medesima lunghezza d'onda, potremmo dire, che va a toccare anche lo scoglio drammatico della pellicola, se consideriamo il mancato approfondimento dei due personaggi e dei loro caratteri, per cui è previsto un risvolto privato abbastanza rilevante e colmo di squilibrio.
Un progetto, dunque, quello di Papaleo che, probabilmente, lanciava segnali preoccupanti sin dalla sceneggiatura, dove i buchi nell'acqua erano visibili e pertanto potevano essere evitati. D'altronde come è vero che il primo disco (o il primo film) te lo ritrovi nel cassetto è altrettanto vero che prima di finirci in quel cassetto di lavoro e di impegno ne richiede un immensità, per anni.
Quella che dopo rischia di venir meno, innalzando le difficoltà e rinforzando indirettamente una retorica dalle radici sin troppo semplici e banali.
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