Captain America: Civil War - La Recensione

Tony Stark fa il padre, ragionevole e disposto a mediare con le Nazioni Unite che vorrebbero gli Avengers meno anarchici e più controllati, e Captain America fa il figlio, ribellandosi alle regole e convinto di essere abbastanza maturo per decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato per il prossimo. In mezzo a loro, gli altri componenti della "famiglia", i restanti della squadra (orfana solo di Thor e Hulk), tirati in ballo nella discussione, per esprimere il personale punto di vista e quindi da che parte stare.

Quel portento di assemblaggio, unito con sacrificio, sudore e senso del dovere, insomma, con l'entrata in scena della politica - intenta a regolarizzarlo per tranquillizzare il malcontento popolare scoppiato dopo le catastrofi di "Avengers: Age Of Ultron" - comincia a scricchiolare e a sgretolarsi lentamente, incapace di trovare un punto d'incontro costruttivo anche per via del comportamento ai limiti dell'omosessualità di Captain America: disposto a tutto pur di salvare dall'arresto il suo migliore amico, e Soldato d'Inverno, Bucky, responsabile, forse, di un gravissimo attentato terroristico. La rottura è l'unica via da intraprendere, quindi, dando semaforo verde a quella Guerra Civile che però, qui, non è promessa non mantenuta, bensì rispettata e portata avanti fino all'estremo. Del resto, lo sapevamo, alla Marvel non servono i specchietti per le allodole, ma esiste un programma delineato, diviso in passaggi ben precisi in cui ogni avvenimento ha un suo movente, determinati contraccolpi e intenzioni da raggiungere. Spesso, ciò, significa dover gestire, comunque, tanta carne al fuoco, troppa probabilmente, a volte, come nel caso di "Captain America: Civil War" che dell'universo esplorato fino ad ora potrebbe esser definito come capitolo più corposo, complicato e decisivo. Perché, al di la dei sottotesti impliciti (da scovare o meno e volontari o meno), stavolta è presente una sterzata netta e brusca installata su un risvolto tutt'altro che misurato, il quale getta ombre abbastanza torbide sul futuro e lascia i segni indelebili di una rivalità difficile da sanare, accesa dalla burocrazia, ma slittata, poi, sul personale.

Una gatta da pelare, in sintesi, che i fratelli Anthony e Joe Russo accettano di dirigere pur dimostrando di cavarsela con maggiore affanno e sforzo rispetto alla scioltezza sciorinata nel secondo capitolo di Captain America. D'altronde, è evidente, che a livello di paragone siamo molto più vicini ad un "The Avergers 2.5", con una zavorra di sceneggiatura da amministrare che nemmeno un Joss Whedon al massimo della forma avrebbe potuto alleggerire e far passare liscia, senza intoppi. Ai due registi, per cui, si rimprovera il minimo, magari una direzione a tratti instabile e agitata, che nella parte centrale soffre fisiologicamente di un accumulo eccessivo di situazioni a cui badare; inconvenienti, tuttavia, dai quali riescono ad uscire, per fortuna, con dimestichezza, preservando equilibrio e difendendo un ritmo che raramente da l'impressione di cadere al di sotto della media. Che poi, si sa, la loro formazione artistica deriva dalla commedia, che in "Captain America: Civil War" è affidata al nuovo Spider-Man di Tom Holland e al rapporto irresistibile instaurato tra lui e Tony Stark: che di fronte alla visione celestiale di Zia May (che non è più anziana, ma è Marisa Tomei) non può che scadere nella non-professionalità e lasciarsi andare a battute e a complimenti espliciti sull'avvenenza della donna (comportamento assolutamente comprensibile nonché condiviso da parte nostra).

La percezione, dunque, è che meglio di così era impossibile. La quantità di materiale ingrandisce a vista d'occhio, lo spazio in cui disporla grossomodo è lo stesso e perciò la mediazione è l'unica soluzione plausibile. Per un secondo, ma solo uno, durante la sequenza in strada con Captain America e Bucky, il pensiero di come sarebbe andata con i fratelli le sorelle Wachowski dietro la macchina da presa ci ha assalito, ma poi, riflettendo meglio, in questi casi affidarsi a chi è già di casa, e sa bene come muoversi, è sempre più sicuro e indicato. Non a caso lo spettacolo realizzato dai fratelli Russo, che in casa Marvel potrebbero girarci persino bendati, è garanzia di una qualità ormai slanciata e costante. Una di quelle da marchio certificato a cui non serve aggiungere mano.

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