Il Libro Della Giungla - La Recensione

De "Il Libro Della Giungla" versione live-action, onestamente, se n'era sentito parlare ben poco. A confronto con le altre operazioni analoghe, compiute dalla Disney e annunciate con larghissimo anticipo ed enormi aspettative, quella diretta da Jon Favreau, potremmo dire, essere stata l'unica ad aver mantenuto un profilo basso, se non bassissimo. E il che di solito è sinonimo di preoccupazione.
Ma, evidentemente, era la Disney stessa a volerci andare coi piedi di piombo stavolta, ad essere stanca di strafare promettendo la luna e le stelle e poi consegnando la sabbia, era arrivato il turno di parlare poco e lavorare tanto, di aumentare gli sforzi e ridurre gli squilibri.

Perché, per dirla alla Baloo, ciò che la Disney aveva perso di vista, nel suo progetto di trasformazione da classici d'animazione a live-action, era lo stretto indispensabile, ovvero ciò che non deve assolutamente mancare in una pellicola d'intrattenimento per soddisfare un pubblico trasversale e, nel caso specifico, legato sentimentalmente al prodotto originale. Per dimenticare i malanni, dunque, serviva la cautela di uno sceneggiatore come Justin Marks che, sveglio, ricostruisce la spina dorsale della storia a lui commissionata così come ce la ricordavamo, rispettandola all'incirca integralmente e collocandoci delle lievissime sfumature che non ne cambiano i connotati, ma allo stesso tempo permettono dei margini di manovra ulteriori e dei raggi d'azione più vasti. A questo punto è sufficiente anche un regista esperto e non in vena di sublimazioni come Favreau per portare a termine il lavoro, uno che di sicuro non si accontenta del minimo, ma sa perfettamente quanto è facile raggiungere il massimo del risultato senza abbandonarsi a sforzi inutili e il più delle volte privi di gradimento. Da competente in materia, il ghiribizzo più distintivo che si concede è quello di seguire Mowgli nelle sue corse e nelle rampicate estreme con inquadrature strette e in soggettiva, evitando comunque di esagerare, e tenendo a mente la priorità numero uno riguardante l'avventura e il ritmo incessante da non dissipare.

Non a caso in questa versione de "Il Libro Della Giungla" si va sempre a mille all'ora, i fronzoli restano fuori e la trama continua a montare, costantemente, senza sosta. Una politica in cui si cerca di andare dritti al sodo, ignorando il superfluo di qualsiasi sottotrama e permettendo ai protagonisti di descriversi, non attraverso parentesi particolari o flashback, ma usufruendo delle sembianze, le azioni e il pensiero loro assegnato. Per cui a un villain come Shere Khan serve un inquadratura per stimolare immediatamente paura e terrore, così come al pigro Baloo una battuta per proclamarsi furbo e simpatico, mentre Baghera, responsabile e saggio, oltre a fungere da narratore rigido, assume la veste di pedagogo di un Mowgli confuso ed ingenuo.
Una sorta di controtendenza, quindi, se andiamo ad effettuare un confronto con i passati "Maleficent" e "Cenerentola", due pellicole in cui vigevano regole assai meno conservatrici e prudenti, veniva esaltata la forma estetica (qui abbreviata invece all'essenziale) ed introdotta quell'aura di modernizzazione con la quale però si raggiungevano dei risultati decisamente privi di senso e di gradevolezza.

L'esatto contrario di ciò che ha conquistato Favreu, insomma, che con un prodotto onesto e tarato per svolgere nient'altro che il suo dovere si porta a casa la targhetta che lo consacra primo regista ad aver azzeccato un live-action Disney tratto dai classici. Un premio non da poco, se consideriamo i fallimenti dei nomi che lo hanno preceduto e la dose di speranza insignificante che avevamo cominciato a coltivare per questo filone.

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