Una Kate Winslet magnetica e sensuale, torna a casa dopo circa vent'anni di assenza alla ricerca di ricordi e di vendetta. Armata di una valigia e di una macchina da cucire ha intenzione infatti di mettere a fuoco, assieme alla madre, nel frattempo impazzita (una Judy Davis fantastica), se le accuse sul suo conto, che la portarono lontano dalla famiglia quando era ancora una bambina, fossero realmente fondate oppure costruite da qualcuno per nascondere altarini peggiori, altarini scomodi da far emergere e da giustificare.
Dal romanzo della scrittrice australiana Rosalie Ham, la regista e sceneggiatrice Jocelyn Moorhouse tira fuori una commedia nera, grottesca, che fa del rebus da risolvere in sottofondo, un fugace pretesto per abbozzare dialoghi e scenette, umoristiche e taglienti, con cui colorare un intelaiatura nell'insieme poco innovativa e prevedibile. In "The Dressmaker: Il Diavolo è Tornato" però, la notizia, risiede proprio nel tocco femminile, doppio, che domina incontrastato, con personaggi maschili stereotipati e messi ai margini, costretti a sopperire dinanzi alla bellezza, la vivacità, il carattere e l'intelligenza di donne che sarebbe meglio non provocare o fare arrabbiare (a meno che il contrasto non debba consumarsi tra di loro). Lo sfondo è quello di un paesino schizofrenico e malato, in cui la Winslet tornando da emancipata e viaggiatrice, si inserisce procurando clamore e preoccupazioni, ma polverizzando anche la femminilità retrograde di donne che di fronte ai suoi vestiti, travolgenti, non vedono l'ora di ritornare su piazza o di conquistare chi, abitualmente, stenta a guardarle. Per alcune di loro, quindi, diventa improvvisamente un Diavolo a cui andare a vendere l'anima, ma, per lei stessa, invece, resta semplicemente una donna che crede di esser braccata da una maledizione che ha deciso di affrontare faccia a faccia.
Agisce allo stesso modo di un diesel la pellicola della Moorhouse, con la sottile differenza che a partire e a far la voce grossa è più veloce e strepitante del previsto. Tende tuttavia a distendersi oltremisura nel corso della sua fase di semina e di delucidazione, quella, per intenderci, dove la Tilly della Winslet ricomincia a mettere radici in casa propria e a minacciare la riapertura di discorsi sepolti a coloro che intende interrogare e provocare. Un processo obbligato, per carità, ma alleggeribile e non coordinato alla stregua dell'altro, dedicato ad una fase di raccolto che inequivocabilmente va a risollevare le redini, riportando i ritmi della commedia accelerati e fitti come ogni copione che si rispetti pretende e vuole. Li, la Winslet e la Davis cominciano la loro esibizione portentosa di talento e di carisma, si prendono letteralmente sulle spalle la baracca e la trascinano fino in fondo, riaccendendo quel fuoco vitale di cui si erano perse accidentalmente le tracce per un sostanzioso intervallo.
Con questo colpo di coda "The Dressmaker: Il Diavolo è Tornato" arriva al traguardo con uno sprint che, ad un certo punto, pensavamo davvero non potesse mai più essere recuperato. Per merito delle sue due fenomenali attrici conquista la meta, pur sapendo di non avere dalla sua quella personalità tosta e necessaria per imprimersi a lungo ed essere ricordato con clamore a distanza.
Cosa che, forse, non accadrà per la storia d'amore tra Liam Hemsworth e Kate Winslet, che nella pellicola viene data per scontata, simile a una storia tra coetanei, ma nella realtà è composta tra due attori che si portano ben quattordici anni di differenza. Una scelta di casting, insomma, a dir poco coraggiosa.
Trailer:
Dal romanzo della scrittrice australiana Rosalie Ham, la regista e sceneggiatrice Jocelyn Moorhouse tira fuori una commedia nera, grottesca, che fa del rebus da risolvere in sottofondo, un fugace pretesto per abbozzare dialoghi e scenette, umoristiche e taglienti, con cui colorare un intelaiatura nell'insieme poco innovativa e prevedibile. In "The Dressmaker: Il Diavolo è Tornato" però, la notizia, risiede proprio nel tocco femminile, doppio, che domina incontrastato, con personaggi maschili stereotipati e messi ai margini, costretti a sopperire dinanzi alla bellezza, la vivacità, il carattere e l'intelligenza di donne che sarebbe meglio non provocare o fare arrabbiare (a meno che il contrasto non debba consumarsi tra di loro). Lo sfondo è quello di un paesino schizofrenico e malato, in cui la Winslet tornando da emancipata e viaggiatrice, si inserisce procurando clamore e preoccupazioni, ma polverizzando anche la femminilità retrograde di donne che di fronte ai suoi vestiti, travolgenti, non vedono l'ora di ritornare su piazza o di conquistare chi, abitualmente, stenta a guardarle. Per alcune di loro, quindi, diventa improvvisamente un Diavolo a cui andare a vendere l'anima, ma, per lei stessa, invece, resta semplicemente una donna che crede di esser braccata da una maledizione che ha deciso di affrontare faccia a faccia.
Agisce allo stesso modo di un diesel la pellicola della Moorhouse, con la sottile differenza che a partire e a far la voce grossa è più veloce e strepitante del previsto. Tende tuttavia a distendersi oltremisura nel corso della sua fase di semina e di delucidazione, quella, per intenderci, dove la Tilly della Winslet ricomincia a mettere radici in casa propria e a minacciare la riapertura di discorsi sepolti a coloro che intende interrogare e provocare. Un processo obbligato, per carità, ma alleggeribile e non coordinato alla stregua dell'altro, dedicato ad una fase di raccolto che inequivocabilmente va a risollevare le redini, riportando i ritmi della commedia accelerati e fitti come ogni copione che si rispetti pretende e vuole. Li, la Winslet e la Davis cominciano la loro esibizione portentosa di talento e di carisma, si prendono letteralmente sulle spalle la baracca e la trascinano fino in fondo, riaccendendo quel fuoco vitale di cui si erano perse accidentalmente le tracce per un sostanzioso intervallo.
Con questo colpo di coda "The Dressmaker: Il Diavolo è Tornato" arriva al traguardo con uno sprint che, ad un certo punto, pensavamo davvero non potesse mai più essere recuperato. Per merito delle sue due fenomenali attrici conquista la meta, pur sapendo di non avere dalla sua quella personalità tosta e necessaria per imprimersi a lungo ed essere ricordato con clamore a distanza.
Cosa che, forse, non accadrà per la storia d'amore tra Liam Hemsworth e Kate Winslet, che nella pellicola viene data per scontata, simile a una storia tra coetanei, ma nella realtà è composta tra due attori che si portano ben quattordici anni di differenza. Una scelta di casting, insomma, a dir poco coraggiosa.
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