Moonlight - La Recensione

Chiron è un bambino che vive in un quartiere vicino Miami in balia di sé stesso. Sua madre infatti è una tossicodipendente irresponsabile ed egoista su cui è impossibile fare affidamento. Così prova a cavarsela da solo, lui, arrangiandosi tra la delinquenza generale e i bulli della sua scuola che lo prendono di mira perché introverso e non incline alla violenza. Un giorno, però, rifugiatosi in una casa abbandonata per sfuggire a una sassaiola, si imbatte in uno spacciatore che decide di aiutarlo e di prendersene cura insieme alla sua compagna, specie dopo aver scoperto la drammatica situazione famigliare che lo affligge. Tra i tre nasce un rapporto molto particolare, stretto (nonostante una madre biologica impossibile da fare da parte), che lievita col tempo e si allunga negli anni: quelli in cui Chiron cresce e va a sbattere, lottando, contro una vita che lo trascina e lo tortura, obbligandolo a diventare ciò che mai avrebbe creduto di essere.

Altro non è, del resto, che un romanzo di formazione metropolitano “Moonlight”, con un protagonista dal carattere sensibile e indifeso, costretto (e sollecitato) a sviluppare un minimo di fegato per non sopperire di fronte alla criminalità, brutale, del luogo malfamato che lo circonda. A subire senza reagire, in fondo, ci prova, Chiron, scegliendo la solitudine e la pazienza, al cospetto di un’esistenza ancora tutta da vivere - quindi rivoluzionabile - e di una madre, spregevole, che gli ripete di amarlo, sebbene non possa fare a meno di dimostrargli il contrario. Tuttavia, a volte, resistere a determinati contesti è simile a dover superare delle prove di forza, la pressione è tanta, la rabbia sale e per sbagliare una mossa e far la frittata basta perdere la testa un secondo: quel secondo che ti fa compiere la mossa giusta nel momento (nel posto) sbagliato, portandoti a credere che, forse, per te in questo mondo non c’è salvezza, né speranza, ma solo la rassegnazione verso un destino scritto e inevitabile a cui, sforzi o non sforzi, non puoi sottrarti.

Moonlight filmMette tanta carne al fuoco, allora, il regista e sceneggiatore Barry Jenkins, nella sua opera prima, cercando di inquadrare con sguardo quasi documentaristico le difficoltà, i disagi e le derive che spesso toccano a chi, meno fortunato di altri, deve vedersela con un mondo non propriamente uguale a quello che la maggior parte di noi è abituato a conoscere. E’ una Gomorra più moderata, se vogliamo, quella presa in considerazione da lui, un quartiere povero, pieno di spacciatori, tossici e delinquenti, forzati a laurearsi tali per colpa della mancanza di opzioni e di prospettive messe a loro disposizione. Opta per fotografare il tutto con uno sguardo stranamente elegante e, a tratti, rilassante, Jenkins, uno sguardo a cui manca solamente, e purtroppo, quella forza comunicativa di imporsi e di andare ad aggiungere qualcosa di nuovo alla tematica presa in esame: che di certo non può limitarsi all’elemento relativo all’omosessualità con cui va ad arricchire il malessere e i turbamenti del suo (scandito) protagonista.

Non a caso nel corso dei tre capitoli in cui si divide, che sottolineano i soprannomi e il nome affibbiato al protagonista (Little, Chiron, Black) il suo film perde molta forza ed efficacia, giungendo scarico ad un finale convincente a metà che, probabilmente, non rende giustizia a ciò a cui "Moonlight" poteva aspirare.

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