Mechanic: Resurrection - La Recensione

Mechanic: Resurrection
Basterebbero gli sfondi esotici che fanno da cornice a giustificare questo “Mechanic: Resurrection”. Posti marittimi e sbalorditivi di Brasile, Thailandia e Australia che la macchina da presa di Dennis Gansel rende volontariamente ancor più paradisiaci e ammalianti grazie a inquadrature panoramiche dall'alto che ne risaltano a pieno lucentezza e splendore. Luoghi in cui, se ce lo chiederebbero, andremmo a ritirarci un po’ tutti da domani, seguendo le orme di quell'Arthur Bishop di Jason Statham che dopo aver inscenato la sua morte nel precedente “Professione Assassino” è proprio li che ha deciso di nascondersi al mondo, chiudendo i battenti col mestiere del killer per il resto dei suoi giorni.
O almeno questo era il piano fino a quando una sua vecchia conoscenza non torna dal passato per ricattarlo a più riprese, ordinandogli di rimettersi in pista e di uccidere tre uomini pericolosissimi inscenando tre incidenti: modus operandi che praticamente è la specialità della casa dell’energico protagonista in questione.

Del resto non mentiremmo affatto nel confessare che di questo sequel non se ne sentiva, poi, troppo il bisogno, specie a causa delle evidenti zoppicate ostentate dal remake del 2011, in cui era evidente l’assenza di un progetto di rinnovamento concreto verso quello che, oggi più di allora, già pareva esser destinato a diventare l’ennesimo franchise di stampo action partorito dall'industria hollywoodiana. Eppure, nonostante la situazione sia rimasta pressappoco la stessa, con un cambio di regia che sposta relativamente i contrappesi, e il rinnovamento di un cast di contorno su cui riesce a spiccare per outfit solo un eccentrico Tommy Lee Jones, c’è da dire che qualche passo in avanti, a livello d’intrattenimento, questo “Mechanic: Resurrection” lo compie, pur restando ancora sbilanciato sugli assi e simile ad un cantiere aperto con lavori in corso. Si è scelto di puntare più sulla spettacolarità, infatti, in questa seconda uscita, sulla muscolarità e la prestanza fisica di uno Statham che picchia duro come un fabbro e organizza missioni e uccisioni mettendo insieme le abilità pratiche di Ethan Hunt e quelle da piccolo chimico di Macgyver. Chiaramente non tutto fila in termini di costruzione, anzi, il più delle volte si è costretti a passar sopra a una sceneggiatura raffazzonata e povera di sostegni, che se ci mettessimo ad analizzarla neanche da vicino, ma a distanza lontana, mostrerebbe comunque i suoi segni di approssimità e incongruenza determinanti per impedire al lavoro di Gansel di esser preso sul serio e valutato a dovere.

Jason Statha Jessica AlbaSi tratta, più che altro, di sufficienze a cui si è deciso volontariamente di dare nessuna rilevanza, sufficienze immani, non sorvolabili, ma che in qualche modo stanno li a suggerire che il titolo in questione, per adesso, non è interessato ad assumere un atteggiamento ordinato e levigato: pur potendo, in realtà, permettersi di farlo. Di missioni impossibili - per rimanere in tema Hunt - ce ne sono a bizzeffe nell'avventura che Statham deve portare a termine per sperare di rivedere viva la sua Jessica Alba. Parliamo di missioni subacquee con squali al seguito, di evasioni da carceri di massima sicurezza, di grattacieli altissimi da scalare con il solo aiuto di cavi e ventose. Tutte avversità che - oltre a ricordare i vari “Mission: Impossible” - ci vengono presentate teoricamente come ostili e difficoltose, ma che poi, nel senso pratico, appaiono semplici ed abbordabili quasi come bere un bicchiere d’acqua.

Questo perché alla base della pellicola di Gansel esiste quella praticità che è inerente anche al carattere del suo protagonista, una praticità che “Mechanic: Resurrection” incarna sia nella pelle, con la sua scrittura grossolana e la sua produzione dislocata, autofinanziata, e sia nell'anima, con quell'attitudine a non volersi perdere nei fronzoli della tensione e delle pause per dedicarsi esclusivamente all'adrenalina, all'azione scanzonata e all'assurdo della stessa.
Per la serie: “se la goccia di sudore cade a terra, a noi, qui, non ce ne frega un bel niente!”.

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