Billy Lynn: Un Giorno Da Eroe - La Recensione

Billy Lynn Ang Lee
Innanzitutto una questione tecnica: l’ultimo film di Ang Lee, così come il regista lo ha concepito, quasi nessuno, America compresa, è riuscito ancora a vederlo. Questo perché “Billy Lynn: Un Giorno Da Eroe” è stato il primo lavoro ad essere stato girato in 4K a 120fps, una tecnologia superiore a quella sperimentata da Peter Jackson per “Lo Hobbit” che quasi nessun cinema, ad oggi, è ancora in grado di assecondare.

Va da sé, quindi, che l’esperienza visiva della pellicola a disposizione della maggior parte degli spettatori non sarà mai perfettamente speculare a quella che Lee aveva pensato e in cui sperava inizialmente. E parliamo di esperienza visiva perché bene o male “Billy Lynn: Un Giorno Da Eroe” è praticamente così che va recepito, con tutte le digressioni, proiezioni, sguardi in favore di macchina, ricordi e immagini di guerra che il personaggio principale - quello del titolo per intenderci – rivive durante un tour di propaganda di due settimane organizzato in patria a seguito di una missione compiuta in Iraq e divenuta simbolo per un intero paese attraverso un filmato dal sapore eroico, ripreso accidentalmente da una telecamera abbandonata sul posto. Siamo nel 2004, ovviamente, e i soldati della squadra Bravo stanno per affrontare l’ultima tappa di celebrazione che li vedrà impegnati nell’intervallo di una partita di football in cui appariranno sul palco a fare da sfondo alla performance delle Destiny's Child. Una modalità di raccontare la guerra, le sue ripercussioni, ma soprattutto il suo significato all’interno di un paese, che sicuramente suonerà abbastanza inedita e particolare a chiunque si aspetti di vedere il classico war-movie imbottito di retorica e di soliti argomenti. Quello del regista taiwanese infatti, con tutte le ombre di retorica che gli si potrebbero o meno andare a individuare, e che nella maggior parte dei casi suonano addirittura come una spinta volontaria e sensibilizzante, è qualcosa di relativamente fresco, insolito, dal sapore amaro e malinconico, non tanto dal punto di vista dell’atto di cui si fa carico, quanto da quello dei soldati arruolati e sponsorizzati, il cui valore, sforzo e coraggio esiste e persiste unicamente se quel ruolo interpretato non smette di essere esercitato.

Billy Lynn: Un Giorno Da Eroe Ang LeeUn simbolo la cui luccicanza è direttamente proporzionale all’essere totalmente devoto, sacrificato, strumentalizzato allora, e che dal momento in cui si volesse decidere di dismettere, uscendo di scena, nonostante gli onori guadagnati, il rischio è quello di cominciare immediatamente a svalutare la propria figura, perdere attrazione, adorazione, per non parlare poi del senso di tradimento inflitto a compagni e paese. Perché, ci tiene a sottolineare Lee, la guerra non è mai di chi la combatte armi alla mano e occhi al terrore, ma di coloro che ne assorbono il riflesso, le gesta, la seguono a distanza e ci speculano sopra, esaltando l’immaginario di una nazione sostanzialmente popolata e comandata da bambini. Non si possono chiamare diversamente, del resto, le figure che gravitano attorno a Billy e alla sua compagnia, a cominciare dal magnate di Hollywood che vuole fare un film sulla loro impresa, ma senza la serietà di chi realmente crede in quel che dice, passando per l’imprenditore di petrolio che vede nell’Iraq e nel loro lavoro una chance per allargare le sue finanze, terminando infine con una cheerleader il cui amore per Billy è più che altro egoistico e religioso che romantico.

C’è un solo personaggio a remare controcorrente in “Billy Lynn: Un Giorno Da Eroe”, ed è la sorella del protagonista interpretata da Kristen Stewart, che prova in tutti i modi a riprendersi il fratello chiedendogli a ripetizione di non tornare laddove finora è riuscito a sopravvivere. I suoi discorsi, i suoi ragionamenti sono in tutto e per tutto quelli di chi è attivo politicamente, di chi non si lascia incantare dalle note del pifferaio magico, ma quando intorno c’è una tavolata di persone infastidite da ciò che dici, che rappresentano un po’ il paese-tutto, il rischio più grande è comunque quello di sprecare fiato, venire azzittiti e passare da emarginati. Sfogando inevitabilmente, poi, la rabbia verso un sistema completamente deviato e irrefrenabile.
Un sistema che sicuramente Lee, anche se con qualche pecca, prendendo spunto dal romanzo di Ben Fountain (in Italia "E' Il Tuo Giorno, Billy Lynn!"), ha saputo fotografare e mettere in scena acutamente.

Trailer:

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