L'Inganno - La Recensione

L’Inganno Coppola
Praticamente è speculare all'originale il remake che Sofia Coppola ha voluto dedicare a “La Notte Brava Del Soldato Jonathan”, film del 1971, diretto da Don Siegel, in cui un giovane e affascinante Clint Eastwood viene salvato dalle ferite inflitte da una Guerra di Secessione ancora in corso, grazie all'aiuto di una ragazzina in gita nel bosco che, dopo averlo trovato, decide di portarlo al college tutto al femminile, dove vive e studia, con la speranza che le sue insegnanti/educatrici possano riuscire a curarlo e a rimetterlo in sesto.
Di quella storia, evidentemente, non voleva cambiare nulla la Coppola, anzi, cerca in ogni modo di mantenere fede all'intera scaletta, tagliando al massimo qualche personaggio, senza eseguire alcuna modifica sul susseguirsi degli eventi, le scelte dei protagonisti e l’epilogo conclusivo.

In un certo senso però ciò non gli impedisce di fare comunque suo il film, perché per quanto simile e derivante possa risultare, bisogna ammettere che “L’Inganno” è a tutti gli effetti un lavoro che porta il tocco, la personalità e lo sguardo dell’autrice che lo ha (ri)scritto e diretto. Una storia che cambia quindi nell'impostazione, nel porsi agli occhi dello spettatore, con un’atmosfera profondamente dark e minacciosa che non lascia scampo a quegli esiti che nella versione originale erano decisamente inattesi e sorprendenti. Gioca con la messa in scena allora la Coppola, con il suo parco di protagoniste apparentemente discrete e caste, che a contatto con il soldato sporco e piacente di Colin Farrell improvvisamente si ritrovano a fare i conti con un prurito che nel microcosmo in cui vivevano (e vivono) erano riuscite fino a quel momento a tenere a bada o a chiudere nel cassetto. Prurito che invece non ha mai abbandonato il pensiero e i desideri del povero soldato ferito e alla ricerca di cure, impegnato si, nella guerra e nell'amor di patria fino a un attimo prima, ma lesto nel rivedere velocemente, in base al contesto, la sua lista di bisogni e di priorità: quelle che tuttavia nella pausa temporale in cui sgorga il film inevitabilmente vanno a rimescolarsi per tutti.

L’Inganno FarrellSe c’è una strada, dunque, in cui la Coppola ha intenzione di metterci del suo è, forse, proprio quella legata a questo aspetto, a quella carne che in un’inquadratura vediamo addirittura ripresa in primo piano, sciacquata quasi passionalmente da una Nicole Kidman in crisi, strattonata tra ciò che realmente vorrebbe fare e ciò che al contrario sente di dover fare: una sequenza impeccabile nella quale è racchiuso tutto il sottotesto che presto andrà a prendere il sopravvento. Scatta così un conto alla rovescia graduale e inesorabile, preciso e vigile proprio come le scelte registiche, ineccepibili, che vanno a premiare inquadrature per lo più fisse, arricchite da una fotografia minimale, composta da luci lievissime e fioche, utili a ricostruire alla perfezione quel mood elegante ed essenziale indispensabile alla causa. Una causa che obiettivamente, c'è da dire, fa il suo dovere, centra l'obiettivo con grande destrezza e senza uscire dai margini, ma alla quale finisce per mancare, forse, un colpo di coda del tutto estemporaneo, figlio della mente e dello spirito di una regista che ci piacerebbe vedere un giorno a pedale leggermente più spinto.

In fondo, che sia in grado di padroneggiare un certo tipo di velocità e un certo genere di sfide ormai la Coppola ce lo ha fatto vedere, ed è per questo che non sarebbe male se decidesse, presto o tardi, di spingersi oltre quel territorio che conosce fin troppo bene. Un territorio che non deve essere obbligatoriamente distante dai contenuti e dalle pieghe a lei più care, ma solo allargato e un po’ più deciso nella volontà di agire, irrompere e sentenziare.

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