Loro: 2 - La Recensione

Loro: 2 Sorrentino
Lo avevamo lasciato con Fabio Concato a cantare dal vivo a casa sua per riconquistare l’amor perduto della sua Veronica, al Berlusconi di Toni Servillo. Lo avevamo lasciato, però, - un passettino più indietro - anche con quell’avvistamento tentatore della barca di Riccardo Scamarcio / Gianpiero Tarantini che stava lì a dirci – forte dei fatti di cronaca – che, prima o poi, quei due mondi ancora distanti si sarebbero incontrati.
E in “Loro: 2”, infatti, si incontrano.

Si incontrano, sì, eppure non è un focus sulle olgettine e sui festini a Villa Certosa, la seconda parte dell’opera dedicata a LUI. Il racconto di un ipotesi di come andavano grossomodo le cose Sorrentino ce la mostra, ma lo fa in una versione assai pudica (nonostante le donne di facili costumi invitate) e ancora non esattamente avviata: come se l’intenzione di arrivare a ciò che conosciamo c’era, ma in fase di allestimento e collaudo. E questo perché le maggiori attenzioni – e questo lo si era capito già in partenza – per lui sono da dedicare alla cosiddetta storia d’amore, al rapporto in crisi, prossimo alla rottura, che si trascina tra Silvio e sua moglie. Un peso non poco indifferente da portare per un politico che, comunque, in quel periodo, era ossessionato dalla strategia migliore da adottare per recuperare nel modo più veloce possibile il trono di un Governo e di un paese che aveva osato scaricarlo, favorendogli la sinistra. Eppure nei pensieri e negli sguardi - che trasudano tristezza e malinconia, a prescindere dal sorriso finto - del Berlusconi-sorrentiniano quello di ritrovare la scintilla che possa ripristinare il sereno e la felicità tra lui e la sua consorte è qualcosa di altrettanto importante, se non più importante, da sistemare: e qualcosa senza dubbio più arduo e complesso da manipolare. Del resto a plagiare sei senatori, convincendoli a cambiare casacca, per un venditore nato come lui – o un piazzista, fate voi – è un po’ come bere un bicchiere d’acqua: parliamo di venti secondi netti cadauno, se il tempo stringe e non vale la pena gigioneggiare troppo. Ma quando in ballo ci sono questioni di cuore o, peggio ancora, di donne, il tenere a bada sé stesso o il dichiararsi autentico nei sentimenti risulta leggermente meno efficace e produttivo.

Loro: 2 SorrentinoScarsa efficacia e scarsa produttività che si evincono, finalmente, quando le ombre e le nuvole che avevano avvolto il rapporto Berlusconi-Lario decidono di deflagrare e di farsi tempesta casalinga rabbiosa e intensa. Parliamo del momento più acuto, presente in “Loro: 2”, quello in cui la Veronica di Elena Sofia Ricci, all’apice della sua rabbia, vomita in faccia al marito una serie di verità e di riflessioni lungimiranti - volte ad attaccare sia l’uomo politico, sia l’uomo privato – che, sebbene in quel contesto sembrino soggettive, e quindi figlie esclusivamente del pensiero di chi le pronuncia, alle nostre orecchie finiscono (ed è chiaramente una conseguenza voluta) per suonare drasticamente come l’esatto opposto, ovvero il ritratto limpido e preciso di Silvio Berlusconi. Una sensazione a dir poco stranissima, tra l’altro, perché rappresenta l’unica occasione in cui, forse, Paolo Sorrentino decide di scoprirsi un minimo e concedersi un (velato) giudizio personale all’interno di una pellicola estremamente attenta a non schierarsi mai e a non farlo sul serio: restando concentrata e scrupolosamente aderente a quella vitalità e a quella paura di invecchiare che, a un certo punto, Servillo rivendica addirittura a gran voce.

In quella che è la somma testimonianza di un cammino stravagante e singolare che solo un autore indecifrabile e geniale avrebbe potuto concepire. Chiunque, in fondo, partendo da Berlusconi, si sarebbe fatto trascinare da determinate tappe, facili stereotipi e narrazione di avvenimenti ovvi. Invece “Loro: 2” – che mette il punto sul terremoto dell’Aquila e l’apertura delle prime case antisismiche – ha l’immenso pregio di farci perdere la bussola, di disorientarci e farci illudere su cosa andremo a vedere e cosa succederà, salvo poi rivelare puntuale la maschera con su scritto il nome di colui che tira i fili, posto dietro la macchina da presa.
Un Sorrentino sempre indomabile e graffiante.

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