Triangle Of Sadness - La Recensione

Triangle Of Sadness Poster

Il triangolo della tristezza è quello spazio che viene a crearsi in mezzo, tra le nostre sopracciglia. Lo stesso spazio che al modello protagonista Carl gli dicono di sistemare (magari con del botox?), durante un provino, per capire se può andare bene o meno per una sfilata.
Parte da qui, infatti, Ruben Östlund, stavolta: dal mondo appariscente, plastificato e laccato della moda. Parte da qui, con l'intento di costruirci sopra una scalata lunghissima, nella quale verremo sempre di più chiamati in causa, rimanendone incastrati.

Perché se della bellezza da copertina può interessarci poco o niente, sugli attriti generati dai rapporti uomo-donna e sulle convenzioni sociali, non possiamo chiamarci fuori. E allora può capitare che durante il momento di un conto da pagare al ristorante, la sufficienza e l’insolenza di lei diventino un argomento di discussione da parte di lui: “Perché dai per scontato che debba pagare io? E’ perché la società ha stabilito che per via dei ruoli debba andare così?”. Una litigata che si protrae e si protrae (in taxi, in albergo e fino a notte fonda), sorretta da una scrittura così brillante e intelligente che è impossibile stancarsi e mollare l’attenzione. Segno evidente che la pellicola sta virando, prendendo una direzione che, se pensiamo a dove eravamo partiti (dalle sfilate di moda), potrebbe confondere un po' le idee, disorientare. Ma basta entrare nella seconda parte - la crociera - che d'improvviso tutto cambia di nuovo - e cresce – facendo assumere al quadro delle linee guida (più) definite. Dentro a questa nave gigantesca e popolata unicamente da ricchi sfondati - e dove Carl e la sua fidanzata Yaya finiscono per via del lavoro da influencer di lei – una cena di Gala attende solo di essere consumata. La serata, tuttavia, è delle peggiori – il mare è in tempesta – e per gli invitati è impossibile trattenere quanto messo nello stomaco (per noi sarà impossibile trattenere il divertimento, invece). Gli unici a resistere e a sottomettere la sorte, sono il Capitano marxista e ubriacone ed un capitalista russo, dall'aria imperturbabile: entusiasmati dalla loro gara di aforismi, con la quale ognuno cerca di sostenere il sistema economico e sociale per cui parteggia.
Quello che succede dopo è l’ennesima serie di follie che, di sicuro, è meglio non stare qui a spoilerare: se non dicendo che la loro venuta sia perfettamente incline coi temi che Östlund ha deciso (a modo suo) di esaminare.

Triangle Of Sadness Film

Provocando (tanto), ridendo e con l'aria di chi non ha alcuna voglia di fare sconti a nessuno, "Triangle Of Sadness" imbastisce quindi una disamina satirica e caustica sulla società moderna, quella in cui potere fa rima con denaro e che, anziché rigettare o contrastare, molti di noi hanno preferito abbracciare e individuare come modello: fregandosene della sostanza e dell'effimerità che c'è dietro. Non è un caso, infatti, se tutti i magnati – nessuno escluso – disegnati da Östlund siano sostanzialmente degli stupidi, dei fuori di testa. Gente abituata a comprare benessere e comodità con la moneta e a delegare al prossimo - al povero - la cura e la salvaguardia della propria persona. Tant’è che, da astuto ed eccentrico (e pure paraculo) qual è, il regista prepara un terzo atto dai risvolti pungenti e irresistibili, dove una parte di questi passeggeri è costretta a ripensare a ogni abitudine, facendo a meno delle risorse economiche (e al potere, dunque) e accettando un fisiologico e paradossale rovesciamento dei ruoli.

La rivincita di un proletariato che però cede lento il passo alla corruzione, lasciando noi col sorriso in faccia e con l’amaro in bocca. Con la percezione che – e qui il cerchio si chiude – probabilmente, per l'essere umano, l'istinto a prevaricare e ad avere la meglio sul prossimo è inarrestabile, naturale: il che, di conseguenza, rende impossibile trovare la formula per un sistema societario, capace di funzionare in maniera sana e duratura.
E nonostante Östlund conceda a noi – all'incirca – la libertà di scegliere come concludere davvero la sua storia, è palese che battersi per sostenere la teoria di un risvolto positivo, o di una speranza, è incombenza assai ardua.

Trailer:

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