Come abbia fatto il nome di Paul Greengrass a finire sulla lista dei papabili registi di una pellicola come
“Notizie Dal Mondo”, è qualcosa di misterioso. Lui, amante della camera a mano, delle riprese convulse e
noto per aver proseguito la saga di “Jason Bourne”, preso in considerazione per dirigere un western:
genere che rappresenterebbe l’antitesi di quanto elencato nel suo curriculum. Chiunque sia stato, tuttavia,
chiunque ce l’abbia messo il suo nome all’interno di quella lista – se lista c’è stata – doveva avere avuto un
occhio molto lungo, o in alternativa una grande voglia di rischiare e di giocarsi il tutto per tutto.
Ma in ogni caso, una cosa è certa: ha avuto ragione.
Ma in ogni caso, una cosa è certa: ha avuto ragione.
L’adattamento del romanzo di Paulette Jiles – dal titolo originale News of the World – era proprio quel che
ci voleva per Greengrass infatti, che trova gli stimoli per rilanciarsi prepotentemente, dopo un paio di uscite
nelle quali era sembrato un tantino fiacco e appesantito. Torna a collaborare con Tom Hanks e a riprendere
le redini di ragionamenti politici che, nel caso specifico, hanno a che fare col cambiamento dal quale siamo
stati travolti e con la scalata al potere di certi uomini: argomenti tutt’altro che vincolati, insomma, a quel passato costituito da cowboy, pellerossa, cavalli e pistole. Perché se il mestiere del Capitano Jefferson Kidd
– il personaggio di Hanks – di girare di città in città a leggere notizie dai quotidiani a chiunque paghi per
essere informato, sembra piuttosto stantio e difficile da inquadrare anche attraverso gli standard dell’epoca
(ma, a quanto pare, esisteva), c’è da dire che, oggi come oggi, trovare una fonte affidabile in grado di
aggiornarci sui fatti di cronaca sta diventando attività sempre più complessa e intricata. La manipolazione
interferisce spesso con la verità e parte della popolazione è destinata a non accorgersene e a sopperire
sotto l’incantesimo del più scaltro. Ecco che, in un batter d’occhio, allora l’America reduce dalla Guerra
Civile finisce per non discostarsi molto da quella reduce dall’amministrazione Trump, con tanto di carico da
undici rappresentato da una bambina nativa dei Kiowa, costretta ad essere riaccompagnata in una casa che
– per vari motivi – non considera più tale.
Spetta al Capitano Kidd questo compito, il quale non riuscendo a delegare a terzi – per codice morale – si
vede costretto a proclamarsi tutore temporaneo, ma con la promessa (a sé stesso) di mantenere un rigido distacco emotivo. Il loro rapporto – fatto di gesti e scambi di termini, derivanti dalla lingua di ognuno –
diventa tuttavia il cuore pulsante del film, e non solo a causa di un legame che – chiaramente – non potrà
far altro che nascere, crescere e solidificarsi. Lo diventa per via delle attenzioni che la bambina comincia ad
attirare su di sé, e per il punto debole che rappresenta nelle scelte da fare, secondo il Capitano: fornendo
spunti per almeno un paio di sequenze sontuose ed avvincenti, nelle quali – specialmente in quella dello
scontro a fuoco tra le rocce – Greengrass riesce a regalare alta tensione e palpitazioni, senza mai uscire dallo stile
rilassato ed elegante, tipico del genere.
L'attestato definitivo – semmai servisse – di un regista (autore?) poliedrico e intelligente.
Forse troppo legato
a uno stile che lo limita(va) nelle scelte, ma che di sicuro conosce il cinema, le sue sfumature, e sa adattarsi
ad esse come pochi, in fondo, hanno dimostrato di saper fare.
Trailer:
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