Mentre le voci su un sequel per "L'Armata delle Tenebre" prendono corpo e Sam Raimi annuncia di volerne scrivere la sceneggiatura in estate, il primo capitolo di quella, che per ora, resta la sua trilogia più famosa (insieme a "Spider-Man") viene riesumato e rivisto secondo lo spirito del giovane esordiente uruguayano Fede Alvarez.
Raimi però rimane vigile dietro l’angolo, alla finestra, e ne approfitta per ampliare la sua attività di produttore facendosi affiancare dal fido amico Bruce Campbell, legatissimo al progetto per aver prestato il volto alla super-star del franchise, Ash (personaggio assente nel nuovo film). Ma guai a pensare che questa operazione abbia dato origine al solito remake svogliato e inferiore all'originale di cui si poteva fare volentieri a meno, sarebbe un errore fatale visto che il nuovo “La Casa” è un surrogato alternativo che mantiene del suo primo lungometraggio il titolo, l'ambientazione e gran parte dello svolgimento, staccandosi moltissimo però da altre dinamiche per le quali preferisce assumere un'impostazione pienamente rinnovata che coinvolge a tutto tondo il concetto di possessione demoniaca e allarga il background dei personaggi coinvolti - qui molto più elaborato - azzardando perfino un coraggiosissimo cambio di timone, stavolta affidato a una ragazza tra l’altro di interessantissimo talento: la giovanissima e deliziosa Jane Levy.
Questa freschissima rivisitazione de "La Casa" allora mantiene solo in quella che è la confezione d’impatto il rapporto stretto col suo diretto discendente, e più che prendere lui come spunto primario mira a richiamare quelle che erano state le atmosfere e le situazioni inquietanti di un'altro capolavoro della storia dell'horror: "L'Esorcista" di William Friedkin. Della vena ironica presente in principio infatti questo remake non sembra volerne sentire neppure parlare, mentre l'occhio attento verso il predominio del demone che scava e manipola corpi e vittime spicca come il fulcro totale per i momenti migliori, carichissimi di sangue e suspance. La pellicola di Alvarez perciò spiazza senza dubbio ogni attesa mostrandosi non solo ingegnosa e piacevole al gusto ma anche tra le migliori nell'aver trattato sagacemente il tema delle possessioni, senza averne fatto per forza né motivo di vendita e né esaltazione.
La componente splatter memorabile del titolo originale tuttavia resta intatta, e come Raimi all'epoca, Alvarez sceglie di rinunciare al CGI e utilizzare gli effetti speciali artigianali fatti in casa, chiaramente ottenendo un risultato assai più pulito e incredibile di quello ricavabile all'epoca, con un livello di resa assai spaventoso e terrorizzante. Perché in alcuni frangenti questo remake sa essere davvero enormemente disturbante, mette in piedi scene crudissime che pongono a dura prova stomaci e sensibilità di chi crede di aver già esplorato abbastanza il genere e godere ormai di un lungo pelo sullo stomaco.
Per i fanatici dell'originale quindi c'è poco da preoccuparsi, la nuova versione de "La Casa" non cerca e non vuole assolutamente paragonarsi alla sua radice materna, ma anzi va sperimentare l’inseguimento di un percorso diversissimo che probabilmente, alla lunga, sarà sempre più distaccato e più distintivo. La conclusione ne è il segnale più concreto, poiché Alvarez vira bruscamente il tragitto pre-impostato dalla matrice e costruisce dei nuovi sbocchi che aprono passaggi inediti a dei sequel per ora indiscutibilmente ben accetti.
Raimi però rimane vigile dietro l’angolo, alla finestra, e ne approfitta per ampliare la sua attività di produttore facendosi affiancare dal fido amico Bruce Campbell, legatissimo al progetto per aver prestato il volto alla super-star del franchise, Ash (personaggio assente nel nuovo film). Ma guai a pensare che questa operazione abbia dato origine al solito remake svogliato e inferiore all'originale di cui si poteva fare volentieri a meno, sarebbe un errore fatale visto che il nuovo “La Casa” è un surrogato alternativo che mantiene del suo primo lungometraggio il titolo, l'ambientazione e gran parte dello svolgimento, staccandosi moltissimo però da altre dinamiche per le quali preferisce assumere un'impostazione pienamente rinnovata che coinvolge a tutto tondo il concetto di possessione demoniaca e allarga il background dei personaggi coinvolti - qui molto più elaborato - azzardando perfino un coraggiosissimo cambio di timone, stavolta affidato a una ragazza tra l’altro di interessantissimo talento: la giovanissima e deliziosa Jane Levy.
Questa freschissima rivisitazione de "La Casa" allora mantiene solo in quella che è la confezione d’impatto il rapporto stretto col suo diretto discendente, e più che prendere lui come spunto primario mira a richiamare quelle che erano state le atmosfere e le situazioni inquietanti di un'altro capolavoro della storia dell'horror: "L'Esorcista" di William Friedkin. Della vena ironica presente in principio infatti questo remake non sembra volerne sentire neppure parlare, mentre l'occhio attento verso il predominio del demone che scava e manipola corpi e vittime spicca come il fulcro totale per i momenti migliori, carichissimi di sangue e suspance. La pellicola di Alvarez perciò spiazza senza dubbio ogni attesa mostrandosi non solo ingegnosa e piacevole al gusto ma anche tra le migliori nell'aver trattato sagacemente il tema delle possessioni, senza averne fatto per forza né motivo di vendita e né esaltazione.
La componente splatter memorabile del titolo originale tuttavia resta intatta, e come Raimi all'epoca, Alvarez sceglie di rinunciare al CGI e utilizzare gli effetti speciali artigianali fatti in casa, chiaramente ottenendo un risultato assai più pulito e incredibile di quello ricavabile all'epoca, con un livello di resa assai spaventoso e terrorizzante. Perché in alcuni frangenti questo remake sa essere davvero enormemente disturbante, mette in piedi scene crudissime che pongono a dura prova stomaci e sensibilità di chi crede di aver già esplorato abbastanza il genere e godere ormai di un lungo pelo sullo stomaco.
Per i fanatici dell'originale quindi c'è poco da preoccuparsi, la nuova versione de "La Casa" non cerca e non vuole assolutamente paragonarsi alla sua radice materna, ma anzi va sperimentare l’inseguimento di un percorso diversissimo che probabilmente, alla lunga, sarà sempre più distaccato e più distintivo. La conclusione ne è il segnale più concreto, poiché Alvarez vira bruscamente il tragitto pre-impostato dalla matrice e costruisce dei nuovi sbocchi che aprono passaggi inediti a dei sequel per ora indiscutibilmente ben accetti.
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