Annabelle - La Recensione

Il successo di "The Conjuring: L'Evocazione" - che ha permesso ad "Annabelle" di avere un suo spin-off-prequel - ruotava interamente sulla bravura di James Wan nel saper creare tensione attraverso un uso intelligente e tecnico della macchina da presa, diretta responsabile della suspense di un lavoro basato proprio sul rinnegamento dei trucchi moderni del genere horror, ormai limitati a stacchi improvvisi e suoni disturbanti aggiunti in post-produzione.

Per "Annabelle" perciò ci si augurava una politica abbastanza simile, pur considerando la sua venuta più commerciale e pur sapendo che alla regia fosse presente non più Wan (che resta da produttore), ma John Robert Leonetti, che tuttavia ben conosceva la situazione avendo lavorato a "The Conjuring: L'Evocazione" come direttore della fotografia (sua principale attività). Fotograficamente parlando, infatti, la linea stilistica della pellicola rimane fedelissima alla precedente, perdendo però completamente l'esperienza e i fattori di chi il cinema lo mastica e sa ricomporlo a suo piacimento più che degnamente. Leonetti non sembra sentire alcuna pressione relativa al franchise che sta manipolando, fa il suo mestiere da ottimo esecutore, e compone un horror che fa né più e né meno il dovere che ogni horror che si rispetti dovrebbe eseguire, montando tensione e crescendo adagio, conservando quel paio di scene clou da inserire al momento giusto.

Fa meno male e sarebbe decisamente a vantaggio di tutti, dunque, scindere "Annabelle" da ogni legame o radice primitiva, prendendola come pellicola a sé stante che ha trovato, per una serie di circostanze, solo adesso il modo di farsi largo. Vistosamente ispirata a "L'Esorcista" la sceneggiatura scritta da Gary Dauberman rifiuta qualsiasi tendenza alla sperimentazione e al cambiamento, si disinteressa di spaventare con classe, e sfrutta le infinite idee messe a disposizione per il genere senza pensarci troppo, facendone il miscuglio migliore possibile in grado di dar vita a qualcosa non di strabiliante, ma quantomeno di godibile. Così da questo mare di difetti, di stanchezza, e di ipotizzabili risvolti Leonetti prende il massimo ipotizzabile e si accontenta di portare a casa un'opera sicuramente di livello discreto, capace di non esaltare nessuno e di intrattenere un po' tutti.

Certo, neanche a dirlo, si sarebbe potuto fare di molto meglio, come onorare per esempio l'ottimo sforzo di Wan facendo di "Annabelle" qualcosa di altrettanto sano e soddisfacente. Eppure l'obiettivo qui era un altro, ovvero sfruttare l'opportunità di una bambola terrificante per creare un nuovo franchise che potesse prendere l'eredità del più famoso e prospero "La Bambola Assassina" e, considerando le scelte d'epilogo, questa teoria rischia di andare assai oltre la suggestione.

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