Una Di Famiglia: The Housemaid - La Recensione

Una Di Famiglia Poster

Vedere Paul Feig che si cimenta con il thriller, un genere assai diverso dalla commedia (demenziale) che per anni è stata la colonna portante della sua filmografia, a me fa (ancora) abbastanza ridere. Lo avevo pensato - mi ricordo - già quando andai a vedere "Un Piccolo Favore", salvo poi uscire dalla sala con meno riserve e dubbi del previsto. Da li, devo ammettere che poi l'ho un po' perso di vista, saltando a piè pari - ma senza rancore - i suoi lavori successivi - compreso il sequel di "Un Piccolo Favore" - finché qualcosa, un giorno, non ha attirato nuovamente la mia curiosità verso di lui.

E quel qualcosa è stato il trailer di "Una Di Famiglia: The Housemaid" che, non so di preciso come e perché (i maligni diranno per la presenza di Sydney Sweeney), mi ha fatto pensare che, forse, un'occhiata a questa storia valeva la pena darla. Se non altro anche solo per (tornare a) farsi due (involontarie?) risate. Perché spesso è questo ciò che si rischia quando si manipola un genere che non è esattamente nelle corde dell'autore, una sorta di imbarazzo accidentale dovuto a una credibilità che dovrebbe essere sullo schermo, ma per qualche motivo stenta ad emergere. Eppure Feig che, al contrario dei pregiudizi (miei, ma pure vostri, scommetto) è un regista molto intelligente, di questi tabù che minano il suo spirito creativo, ne fa punti di forza, inserendo un umorismo grottesco, gustosissimo, all'interno di una pellicola che di stemperare la tensione, all'occorrenza, ne ha grande bisogno. Perché racconta di una giovane ragazza - dal passato burrascoso e un presente in bilico - assunta come governante da una famiglia ricchissima e all'apparenza perfetta. A volerla, è la mogliettina in dolce attesa - o almeno, così dice - che durante il colloquio si comporta con lei allo stesso modo di come farebbe con noi una migliore amica. Scenario fin troppo ideale, che viene immediatamente capovolto durante il primo giorno di lavoro, dove lo squilibrio e la malignità di questa donna cominciano ad emergere e a travolgerla, ridimensionati solamente dalla capacità di un marito ormai abituato a gestirla e a placarla. Marito che, pure, dà l'impressione di nascondere qualcosa e lo stesso vale per la loro figlioletta che non ride mai, nemmeno a pagarla ого.

Una Di Famiglia Sweeney

Insomma, è evidente che dentro al romanzo omonimo di Freida McFadden - da cui "Una Di Famiglia: The Housemaid" è tratto - siano contenuti tutti i crismi necessari a tirar fuori un thriller piuttosto classico e con un sufficiente numero di colpi di scena (più o meno telefonati). Così come è evidente che - vuoi per le premesse, o vuoi per la presenza di un Michele Morrone giardiniere misterioso che, dopo la sua intervista a Belve, genera risate spontanee a ogni inquadratura - l'adattamento di Feig aveva tutti i connotati e la strada spianata per affermarsi come un guilty pleasure, o un b-movie di turno. Sta di fatto che, man mano che la storia scorre e che gli altarini si rivelano - la maggior parte, come accennato, prevedibili - il film riesce comunque a sorprendere e a tirare fuori dei guizzi, con dei twist godibili ed elettrizzanti che vanno a cambiare un po' quella che era la sua percezione ai nostri occhi (e maneggiando al meglio delle sue possibilità una tematica calda e rilevante). Il ritmo è stabile, l'attenzione salda ed è un attimo che - guilty pleasure o meno, o b-movie o meno - "Una Di Famiglia: The Housemaid" riesce a portare a casa scrupolosamente i suoi intenti, sovvertendo ogni pronostico (negativo) e preoccupandosi principalmente di divertire, intrigare e coinvolgere. Raccogliendo il massimo risultato che si potrebbe chiedere a un prodotto del genere.

E, allora, al termine della visione, camminando verso l'uscita della sala a metà tra il soddisfatto e il sorpreso - più che altro per non aver perso due ore della mia vita - mi è tornato in mente quel sorriso che avevo, mentre pensavo a Feig che si ostinava a passare dalla commedia (demenziale) al thriller. E riflettevo su come è riuscito, sapientemente, a compiere tale passaggio con naturalezza, facendo della risata una sorta di conduttore universale e denominatore imprescindibile. Processo per niente facile e scontato, che - e lo ribadisco - sottolinea grande intelligenza e soprattutto rispetto.

Trailer:

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