Alaska - La Recensione

Gli amori indissolubili, indivisibili, che fanno dei giri immensi e poi ritornano - per dirla alla Antonello Venditti - se esistono, sono delle coppie fragili e istintive come Fausto e Nadine. Loro si incontrano e si amano al primo sguardo, non sanno il motivo, sentono la fiamma e la seguono, e se la situazione all'apice del romanticismo diventa bastarda, non fa niente, il filo che li unisce non si spezzerà, gli concederà un po' più di corda, al massimo, ma non permetterà mai che i due diventino irraggiungibili l'uno per l'altra.

In salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, nella buona e nella cattiva sorte.
Gli capita di tutto a Fausto e Nadine, spesso sorge il dubbio che sia proprio la loro unione a scatenare le maledizioni da cui vengono colpiti, come se dietro alla relazione solida che li unisce ci fossero quei guardiani del destino che impedivano a Matt Damon di frequentare Emily Blunt nell'omonimo film di fantascienza. Purtroppo però non è così. Dietro di loro c'è altro, non la fantascienza, ma la realtà. Il Fausto di Elio Germano  - italiano migrato a Parigi - infatti sente il bisogno perpetuo di non accontentarsi, di pareggiare la fortuna in amore a quella lavorativa, riscattando le origini che lo vedono nullatenente e progettando un futuro azzurro e felice con la sua donna. E' un bravo ragazzo Fausto, un po' fumantino quando perde la calma, eppure attaccatissimo ai valori fondamentali, che rispetta, nonostante il ritratto violento, riservatogli all'inizio, spinga ognuno di noi a pensare il contrario. Bravo, si, ma di quelli che agiscono per il bene personale (e di chi amano) in punta di piedi, che credono che il mondo giri tutto come fa la loro testa, inconsapevoli che, invece, intorno, è presente pure una fetta di gente che sa accontentarsi, rimanendo distantissima dall'apice e lo stesso col sorriso a trentadue denti. Eccolo il vuoto da colmare allora, quello che genera il caos sul suo amore perfetto: la scalata verso quello stipendio da cinquemila euro al mese che lui sente di dover conquistare ad ogni costo, marcando stretto un lusso che ogni volta lo punisce a bastonate non appena si sente, da lui, sfiorato o toccato.

Ha il respiro di un melodramma francese contemporaneo la pellicola di Claudio Cupellini (che di francese ha anche l'attrice protagonista e l'ambientazione di una prima metà), quell'approccio europeo che in un prodotto italiano raramente è rintracciabile e con il quale - non lo nasconde - vuole allargare vedute e mire. Il suo "Alaska" (che sarebbe il nome del locale di Milano in cui Fausto comincia a guadagnare considerevole denaro) sa essere potente e struggente in egual misura, una roccia narrativa costituita da impulsività, reazione e una forza viscerale talmente energica da rompere ogni barriera artificiale messa a separare lo spettatore dallo schermo. Punta ancora una volta sui suoi personaggi, il regista, sono loro a muovere la storia e a scrivere la sceneggiatura: le loro motivazioni, i loro cuori, il dolore, le lacrime. Finché può seguirli Cupellini sa di non dover temere nulla, sa di potersi fidare di loro, che le scelte, positive o negative che faranno nei lunghi anni in cui la sua camera li segue, non lo porteranno mai a un punto morto, ma sempre a contatto con la pulsazione di quei battiti che ininterrottamente vengono a contatto tra loro, cercandosi e scontrandosi.

Perché certi amori sono unici, insuperabili e indivisibili - per tornare a Venditti - sopravvivono a loro stessi, a ciò che gli sbatte addosso e a qualunque avversità che li vorrebbe distruggere o separare. Un amore come quello di Fausto e Nadine è destinato ad esser raccontato, a rimanere congiunto, magari lo vedremo ingolfarsi, prendersi una pausa e ripartire, ma mai interrompersi in eterno, mai evaporare in qualcos'altro o, peggio ancora, nel nulla.

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