L'Amore Che Non Muore - La Recensione

L'Amore Che Non Muore Poster

Si parla tanto di cinema medio, ultimamente.
Quello che in Italia, nell'industria italiana, pare non funzioni più tanto bene, oppure che funzioni malissimo. Quel cinema che, in teoria, serve a incassare tanto, a dare garanzie, a portare gente in sala, in massa, permettendo poi di rinvestire i guadagni anche in pellicole, magari, più piccole, indipendenti. Un cinema che negli altri paesi se la passa sicuramente meglio, come in Francia, per esempio, dove un titolo come "L'Amore Che Non Muore" è riuscito a sbancare senza alcun problema il box office. Una medaglia che il suo trailer ostenta con orgoglio e che, allora, fa venire il dubbio, la curiosità su quale sia il segreto. La ricetta. Siamo di fronte all'ennesimo bluff secondo cui "se la sala è piena, il film fa schifo", oppure c'è del buono?

La verità, e togliamoci subito il dente, è che "L'Amore Che Non Muore" il successo mainstream che ha conseguito lo ha conseguito perché se l'è meritato. Perché, costruita a tavolino, o meno, la storia co-scritta e diretta da Gilles Lellouche è una di quelle larger than life e che inevitabilmente finiscono per rapire il pubblico, appassionarlo, commuoverlo. La storia di un amore a prima vista tra adolescenti, Clotaire e Jackie, entrambi ribelli, ma in modo diverso. Lui figlio di una famiglia povera, ragazzaccio di periferia, orientato alla delinquenza. Lei figlia borghese, orfana di madre, cacciata via dalla scuola privata per sfacciataggine e ricollocata dal padre - un padre modello - in una scuola pubblica. Tra i due basta uno sguardo per dare il via alla scintilla, una conversazione, un botta e risposta, ed è subito incendio. Fiamme. Il destino li unisce, ma la vita li separa. Clotaire viene arrestato per un omicidio che non ha commesso, ma di cui si fa carico per "proteggere" il figlio del suo boss. Se ne va in carcere per dieci anni, lasciando Jackie disperata, svuotata, condannata ad andare avanti, in qualche modo, e a voltare pagina. Almeno fin quando Clotaire non tornerà a piede libero, sconvolgendo nuovamente la sua esistenza.

L'Amore Che Non Muore Film

Sembra un romanzo di Shakespeare, a riassumerlo cosi e, forse, non è esattamente una caso, al massimo un archetipo sicuro, collaudato. Ma l'approccio, lo stile visivo utilizzato da Lellouche, ha un'impronta profondamente moderna, patinata, che a tratti si permette addirittura di sperimentare, di osare, e virare all'onirico. Scelte ardite e non sempre azzeccate che però restituiscono alla pellicola quella visceralità, quella passione provata anche dai suoi due protagonisti, e con la quale noi spettatori non possiamo far altro che entrare in contatto, condividere emozioni, farci travolgere. Da una storia che si potrebbe spaccare a metà, con una prima parte decisamente più immersiva e convincente e con la seconda che li vede trasformarsi in giovani adulti  - e diventare Adèle Exarchopoulos e François Civil - in cui, probabilmente, qualcosa si va perdendo, in cui ci si adagia un pochino di più su scorciatoie prevedibili, popolari, e dove soprattutto Lellouche gioca a fare il furbo, con un trucco di sceneggiatura che da spettatori possiamo accettare solamente perché in precedenza ci ha conquistato abbastanza.

E pure perché, in fondo, è giusto non dimenticare che trattasi sempre di cinema medio, pensato per una platea di spettatori universale e che quindi non per forza ha il dovere di risultare impeccabile, preciso, privo di sbavature. Un bluff, dunque? Assolutamente no, visto come è capace di mantenere le sue promesse. Ma, forse, il dato più importante riguarda la differenza tra un prodotto del genere e quelli nostrani, legata non ad una mancanza di idee e di spunti, ma piuttosto ad un'esecuzione che qui manca di presa emotiva, di credibilità e intensità. Elementi che fanno tutta la differenza del mondo.

Trailer

Commenti