Hey Joe - La Recensione

Hey Joe Poster

Ha la faccia sbattuta il Dean di James Franco. La faccia di chi nella vita ha perduto tutto (o lo sta perdendo, ancora). La faccia di chi fatica a dormire e di chi beve per dimenticare: pur sapendo che quelle faccende in sospeso non si risolveranno mai da sole e torneranno a bussare e a chiedere il conto. Lo fa l'ex moglie americana alla quale deve decenni di alimenti e minaccia di prendersi la sua casa, ma più di tutti la richiesta d'aiuto di un figlio che non ha mai conosciuto e che, adesso, è rimasto orfano di madre. Un adesso che però è lontanissimo, ormai, perché la lettera spedita gli arriva con una decina d'anni di ritardo, spingendo Dean a tornare a Napoli, dove in gioventù, complice la guerra (la seconda), aveva conosciuto Lucia e cominciato con lei una storia d'amore poi bruscamente interrotta.

Fantasmi, ferite, errori.
Sembrano avere qualcosa di speculare, allora, le vite di Dean e di Franco: pure lui recentemente esiliato da Hollywood, allontanato dagli amici e costretto a riflettere (e a pagare) per dei comportamenti sbagliati, gravi, forse imperdonabili. Al punto che si fa fatica, sullo schermo, a scindere l'uomo (e l'attore) dal personaggio, a giudicare un'interpretazione, un'espressività dolente, un senso di colpa che emerge a vista, come frutto di una finzione, di una preparazione elaborata. Sovrapposizione che - purtroppo - non se ne andrà mai, rimanendo salda e presente, ma che - per fortuna - non va a guastare e non va a togliere nessun merito al film di Claudio Giovannesi, che torna a Napoli per raccontare stavolta la storia di un padre (e di un reduce) che cerca di ricominciare da zero e di riprendere in mano la sua vita, tentando di recuperare l'assenza nei confronti di un figlio - Enzo - che, nel frattempo, l'ha sostituito con una figura paterna alternativa, pericolosa, criminale. E l'impatto, durante il primo incontro, tra i due, è quello rabbioso e rancoroso che ci si può aspettare. Quello di un figlio che non intende perdonare, né tantomeno parlare, ormai inghiottito da una strada - letteralmente - che era l'unica via possibile, nel momento in cui nessuno, quando ce n'era bisogno, era lì a tirarlo fuori, a salvarlo. Un collegamento che ci riporta al passato di Giovannesi, a "La Paranza Dei Bambini", a un immaginario e a delle dinamiche piuttosto chiare, o comunque intuibili, persino da coloro che non hanno avuto modo di approcciare, o di studiare quel sistema. A Dean, quindi, non resta che accettare le regole del gioco, del contesto (rimasto uguale a trent'anni fa), continuare a bussare in punta di piedi, a seguire i consigli di Bambi - una truffatrice bellissima che lo ripulisce appena messo piede a Napoli - che lo aiuta a non arrendersi, a integrarsi e ad avvicinarsi ad Enzo (e alla sua famiglia) a piccoli passi.

Hey Joe James Franco

E Giovannesi è bravo a farci immergere in questa storia (più o meno vera, si dice, e divenuta una sorta di leggenda), a isolarne le varie fasi in compartimenti stagni, ad accompagnarci fin dentro l'emotività dei suoi protagonisti. Tutti, nessuno escluso. Perché se Franco è il faro, il centro, seguito costantemente dalla macchina da presa in ogni sua azione, reazione e dubbio, lo stesso vale per Enzo e Bambi, che vivono di riflesso, magari, ma il cui mondo - fatto di paure, delusioni, preoccupazioni - riesce ugualmente ad emergere in maniera netta, evidente, compreso di un futuro che per entrambi significa oscillare in equilibrio tra vita e morte, tra bene e male. E per un padre, e per Dean, ciò non è accettabile, sostenibile, diventando scintilla per quel riscatto a cui aspirava, ma che si rivelerà non privo di ostacoli e di problemi: gli stessi che trascinano "Hey Joe" nella sua parte maggiormente prevedibile e, quindi, più convenzionale. Parole che, non per forza, però devono passare come stonate, o negative, perché trattasi di scelte narrative capaci di mescolarsi armonicamente con l'economia della trama, con l'arco dei personaggi, tenendo saldo un equilibrio e un coinvolgimento che non guasta minimamente la drammaticità ed il peso dell'(inquietante) epilogo.

Un epilogo che lascia spazio all'immaginazione, a molte domande, che rinforza quella leggenda da cui Giovannesi, Massimo Gaudioso e Maurizio Braucci hanno attinto per scrivere la sceneggiatura. Non fornendo risposte su che fine abbia fatto questo misterioso americano, ma lasciando al nostro buon cuore la speranza che sia riuscito a salvare qualcuno. Riuscendo così a salvare (e a perdonare) sé stesso.

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