Suburra - La Recensione

Lo definisce simbolico e allegorico, Stefano Sollima il suo ultimo lavoro, qualcosa che va oltre la cronaca dell'ultimo anno, concepita circa due anni e mezzo fa, quindi prima che le pagine dei giornali e le televisioni saturassero i loro spazi con Mafia Capitale e i riverberi conseguiti. Per il regista "Suburra" è in qualche modo ciò che rappresenta la città di Roma sin dalla sua nascita, quel "mondo di mezzo", scoperto da noi solo da qualche mese, ma in realtà sempre esistito, dove i poteri si scontrano, si alleano e si annientano al di sopra di ogni regola e di ogni giustizia conosciuta.

Nonostante lo sembri, allora, e nonostante non faccia nulla per evitarlo, "Suburra" non è un film ideato appositamente per trafugare attraverso il cinema quegli scandali politici ed extrapolitici che ancora adesso non smettono di ruotare attorno alla Capitale. Al contrario "Suburra" è messo li a ricordarci che quegli scandali, la Capitale, li ha sempre avuti intorno a sé, e per una certa logica, è destinata a non liberarsene mai, a prescindere dagli sforzi umani e non che decidano di combatterli. E' tutta una questione di potere, del resto, ispirato magari proprio da una città che, tornando ai simbolismi, i poteri li rappresenta: vedi il parlamento così come il Vaticano. Vivere a Roma significa ambizione, un ambizione personale, da coltivare e incoraggiare a qualunque costo, pagando ovviamente il giusto (caro) prezzo. Ecco perché sono tutti personaggi di secondo piano quindi quelli che la pellicola va a mettere sul piatto, gente che la scalata la sta facendo e che, nel frattempo, fa le prove con ciò che più avanti mira ad esercitare a pieni poteri. Sotto questo aspetto non lascia indietro nulla Sollima: racconta la Politica, la Mafia, gli Zingari e i Clan più piccoli confinati alla periferia, indispensabili per futuri progetti a spese milionarie.

Sembra lungimirante la sceneggiatura che ha tra le mani, ammesso che veramente nel corso dei due anni e mezzo di produzione non sia stata ritoccata e adattata nel dettaglio sulla realtà dei fatti poi denunciati. Una sceneggiatura al quale nulla sfugge, attrezzata per ammassarsi in una Apocalisse annunciata (che avverrà come promesso nei titoli di testa con la caduta del governo Berlusconi datato 12 Novembre 2011), accompagnata da una settimana di pioggia ininterrotta che ritorna a far brillare quel simbolismo tanto caro al regista. Perché se vogliamo, "Suburra", simbolico lo è oltre ogni misura, specialmente nella presentazione dei suoi vari protagonisti, per i quali spende del tempo prezioso, focalizzandosi su dettagli superficiali, che cercano di accarezzare un immaginario conosciuto, ma non indispensabile. Piuttosto che mostrare "come" fa sesso Pierfrancesco Favino, avrebbe potuto infatti limitarsi al "con chi", glissando sui dettagli voyeuristici e guadagnando tempo per fornire qualche informazione in più sul suo privato di marito e di padre; stesso discorso vale per il personaggio di Claudio Amendola, del quale si poteva aggiungere almeno un poco, rinunciando volentieri all'intera parentesi sul Papa dimissionario, incollata nella trama esclusivamente per rimpolpare un osso già strapieno di carne e di pesi specifici.

Abituato alla televisione, alla serialità e alla lunghezza a sua disposizione, Sollima sembra, dunque, avere ancora qualche problemino a scegliere cosa vale la pena tenere o tagliare al cinema. Con "Suburra" stecca clamorosamente l'intera prima parte, cominciando a far funzionare i meccanismi esclusivamente giunto al cuore del suo racconto, limitando quindi l'efficacia non tanto dei temi, ma del coinvolgimento. Il suo lavoro, seppur imperfetto, deve fare i conti, paradossalmente, anche con quella cronaca che lo ha preceduto e che, anziché aiutarlo, tende di più a farlo sembrare un operazione furba arrivata al punto giusto.
Ma queste, purtroppo, sono fatalità simili al mondo di mezzo, effetti collaterali incalcolabili, scomodi, e che non dipendono da noi.

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