Ormai ero pronto al peggio. Navigando online, negli ultimi giorni, infatti, avevo cominciato a prendere per "abbastanza credibile", la notizia che James Gunn avesse toppato - succede, siamo esseri umani - la direzione (e il tono) del suo nuovo e ambizioso progetto - che prevede la rinascita dell'universo DC al cinema - e realizzato un "Superman" sbagliato. La mia curiosità montava, intanto. Perché per fare un "Superman" respingente, comunque, ci vuole coraggio, impegno, mica è roba da tutti, insomma. In più, c'erano queste voci di corridoio - non so se le avete lette - secondo le quali la Warner Bros. ci aveva puntato tutto e, viste le recenti difficoltà economiche (sarà vero?), se questo film gli fosse andato male, per l'azienda sarebbero stati cavoli amari, altro che kryptonite.
Così ho approcciato la visione con discreto scetticismo, eppure - e ora posso dirlo con certezza - questo annunciato disastro, in realtà, per me è stato un po' come fare un salto a Spinaceto per Nanni Moretti: "Pensavo peggio!". Sì, nel senso che, sicuramente non è il "Superman" che ci si aspettava (e questo è un bene, forse), o che avremmo voluto vedere, ma è più che altro una dichiarazione - forte, se vogliamo - su quale direzione si stia cercando di prendere per il futuro. Ultimamente abbiamo - io almeno - accusato i cine-comic di aver cominciato a prendersi troppo sul serio, esageratamente, perdendo, di fatto, la leggerezza e la loro natura, il loro spirito. E, forse, questa sensazione Gunn - che, comunque, stupido non è, e non lo è diventato nell'ultimo paio d'anni - l'ha percepito proprio come noi, con la sottile differenza che lui aveva il potere - e i milioni di dollari - per virare il timone ed andare in controtendenza. Ora, lo dice la parola stessa, andare in controtendenza, significa non accontentare un bel po' di gente, e se quella gente è pure fan di super-eroi e fumetti, significa non accontentare un sacco di gente, pronta a tirarti contro secchiate di merda e non solo. Ma, onestamente, credo lui fosse pronto a tutto ciò - la Warner meno, forse - però, ecco, diciamo che stavolta qualcuno ha giocato davvero d'azzardo.
Perché questo nuovo "Superman" di super non è che abbia un granché: prende sempre le botte, cade, perde sangue, chiede aiuto al suo team. Vive in un Pianeta Terra dove Lex Luthor - cattivissima sintesi dei tecnocrati moderni - ha modificato gli esseri umani che, quindi, ora umani non sono per niente, anzi, son diventati forti tanto quanto gli alieni e, perciò, sfasano gli equilibri, le nostre certezze, lasciano perplessi. Che senso ha chiamarsi Superman, avere un mantello, una calzamaglia, dei poteri incredibili, se poi intorno a te lo fanno anche gli altri? Il senso - l'unico, piuttosto plateale - è quello di far passare Big Blue come un normale terrestre. Tant'è che quando Lois lo intervista, facendogli domande scomode e provocatorie, lo vediamo reagire e mostrare permalosità, rabbia, egocentrismo. Nulla a che vedere con le versioni precedenti e, probabilmente, originali del personaggio. Ed è un cambiamento che - ed è normale - farà discutere, alterare e deludere i puristi, specie se condito pure con battutine, scene e comportamenti al limite del demenziale: visto che - lo ricordiamo - la parola chiave di questo reboot è "leggerezza", umorismo.
E chi se ne frega di ricordare ancora le origini, di ripartire dagli antipodi: che senso ha ripetere storie che già conosciamo e che chi non conosce può facilmente reperire. Qui si parte anni avanti, allora, con Clark Kent gia dipendente del Daily Planet e fidanzato con Lois che sa perfettamente della sua doppia identità, dando per scontato una serie di dinamiche di base. Forse troppo per scontato, considerando la miriade di carne al fuoco che vediamo entrare e uscire dallo schermo e sulla quale è lecito chiedersi: "Ma questo? Siamo sicuri che non si sta esagerando?!". Colpa di un Lex Luthor - un bravissimo Nicholas Hoult - che, a quanto pare, ha accesso a portali che possono congiungere mondi differenti e, perciò, rapire strani Kaiju per poi liberarli a Metropolis e scatenare il panico. E solo per diletto, è, per il gusto di creare un diversivo. Già, perché - e qui la carne aumenta - mentre Superman e compagni gestiscono la minaccia, lui nel frattempo organizza una guerra Geopolitica al fianco di un leader che ricorda tanto quello russo di cui si parla molto, ultimamente, con pretesti e scopi finali che, non si discostano molto da quelli della stretta attualità (il caso, a volte).
Tra serio e faceto, allora, Gunn si diverte a riscrivere - a scarabocchiare? - un mito, con un film che scorre velocissimo, senza mai appesantire, all'interno del quale, tuttavia, sente il bisogno di seminare dei legami col presente, il reale. Strizzatine d'occhio che sono piuttosto evidenti, palesi e che, nei suoi ideali da sognatore (idealista?), forse, stanno li per provare a indicare la via di una strada migliore, cambiare le cose. Ma che, probabilmente, negli occhi di chi andrà al cinema diventeranno materiale ulteriore per crocefiggerlo, attaccarlo sui social. Un po' come fanno quelle simpatiche scimmiette ammaestrate, al servizio di Luthor. Per quanto mi riguarda, ripeto, considero questo "Superman" né da buttare, né da esaltare. E' una promessa simpatica e un pizzico furba, pure, dalla quale non è detto che - sistemando il tiro - non possa uscire qualcosa di buono durante il lungo - in teoria - viaggio che verrà. Tutto sta, adesso, capire se avrà la scorza per difendersi dalle critiche ed evitare una debacle (al box office). Salvando, in questo modo - se le voci sono vere - anche le tasche (e la vita) della Warner.
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