The Nice Guys - La Recensione

Shane Black il buddy-movie ce l'ha nel sangue. Per lui è un istinto naturale quello di far incontrare e scontrare due personaggi opposti tra loro e di costringerli a condividere la scena coprendo l'uno le mancanze dell'altro. Sarà per questo che sviluppare la sua seconda dote, quella del crime, e la consecutiva terza, quella dell'action, è stato quasi un procedimento fisiologico, del resto non c'è nulla di meglio di omicidi e gangster alle calcagna per forzare due individui, che in altre circostanze si odierebbero a morte, a fare squadra e a lottare per un obiettivo unico. Anzi due: giustizia e sopravvivenza.

Già perché ai personaggi di Black puoi dire quello che ti pare, possono essere cazzoni, insensibili, violenti e truffatori, ma porteranno sempre dentro di loro una morale unica e indissolubile, quella che nelle varie peripezie, surreali e non, li manterrà sempre tutti d'un pezzo, incapaci di mollare e tosti nell'imporsi. Ci sono delle regole fondamentali infatti nel suo cinema, regole a cui non è consentito storcere un capello, né tantomeno di essere mandate all'aria, regole che "The Nice Guys" segue come la Bibbia e che per questo motivo gli impediscono di mettere i piedi in fallo e lo portano dritto alla conquista e alla gloria. Evitare di stabilire una connessione con il semi-incapace detective Holland March di Ryan Gosling o con lo spacca-ossa Jackson Healy di Russell Crowe, non a caso, è una faccenda pressoché impossibile: vuoi per le loro debolezze profonde subito messe in chiaro, vuoi per lo spirito sardonico con il quale si muovono nella storia, che alla fine il volergli immediatamente un gran bene, sperando di vederli duettare in eterno, è un riflesso incondizionato e legittimo a cui non potersi ribellare. Così come è legittimo il venire coinvolti nell'intrigo anni '70 ambientato in una corrotta Los Angeles, dove, come al solito, nulla tende a combaciare con niente, infittendo il mistero e catapultando i due detective posti al centro in un sordido caso più intricato e grosso di quanto si pensi.

Cammina sulla falsa riga di "Kiss Kiss Bang Bang" allora Black, con una coppia inedita la cui alchimia fa inevitabilmente la differenza, impazzando sugli spettatori, i quali devono arrendersi di fronte alle classiche battute taglienti e ai momenti irresistibili che contraddistinguono il cinema dello sceneggiatore e regista americano sin dagli antipodi: ora probabilmente da registrare una volta per tutte come suo marchio di fabbrica originale e inconfondibile. Scheletri nell'armadio, dipendenze croniche e nervosismi da controllare, sono solo alcuni dei deficit che minano la qualità del mestiere di detective ostentato da Gosling e Crowe, deformazioni professionali che, ineluttabili, vanno ad infestare la loro missione complicandogli spesso la vita, ma anche semplificandogliela. Espediente con il quale la pellicola avverte di non volersi prendere mai troppo sul serio, ponendo la tensione del thriller e le questioni politiche sollevate ai piani inferiori e portando in cima quello spirito da commedia slapstick con il quale esaltare le qualità (nascoste?) dei suoi interpreti.

Tanto, di fatto, la priorità ce l'hanno loro, non la vicenda, non le cospirazioni, ma i Nice Guys. Quelli che persa la strada buona per quella cattiva, hanno finalmente la possibilità per espiare dai propri peccati e ripulirsi definitivamente. E' loro che Black vuole risolvere, a loro che vuole dare giustizia e sopravvivenza, e noi, personalmente, siamo d'accordo con lui e non abbiamo la minima obiezione da fare in merito.
E fidatevi che le buone maniere di Crowe con questo non centrano nulla.

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