Fare ordine, o cercare di fare ordine, dopo aver visto uno spettacolo di Antonio Rezza, è qualcosa che viaggia al di fuori di ogni logica e che, per definizione, somiglia pressoché a un'impresa. Eppure, in "Metadietro" una sorta di fil rouge, di struttura narrativa, potremmo azzardare a dire che esista: con questo naufragio iniziale su un'isola deserta che si trasforma in partenza per lo spazio, alla ricerca di pianeti da scoprire e, magari, colonizzare. Ma, come detto, è un fil rouge approssimativo, non una storia, perché quelli di Rezza, come lui stesso suggerisce, sono spettacoli (non) scritti, per fare in modo che la follia, l'improvvisazione e il nonsense non smettano mai di sorprendere, di spiazzare, di essere i protagonisti.
E nel flusso di parole, di situazioni e di movimenti, racchiusi in questo nuovo spettacolo - le cui scenografie, pardon, il cui habitat è sempre allestito dalla fedelissima Flavia Mastrella - è strapieno di momenti in cui si resta increduli, disorientati, colpiti (su più livelli). E nonostante Rezza sia un maestro nel marciare come un equilibrista, evocando e instillando dubbi e doppi sensi, piuttosto che nel dire schiettamente, stavolta le stilettate che tira al pubblico, alla società e alla nazione (al pianeta?), lasciano ben poco spazio all'immaginazione. L'anima che avvolge e che sorregge "Metadietro" ha un retrogusto - o un rigurgito (amaro), se preferite - di rabbia e delusione nei confronti di una civiltà che non ha saputo comportarsi come tale, che ha imparato a voltare lo sguardo dall'altra parte, abituandosi così tanto all'orrore, al punto tale da eccitarsi e da goderne quando lo vede arrivare (e farsi complice). Rezza non si (e non ci) risparmia, e non solo fisicamente, come da copione: sul palco corre, salta, è un fiume di parole e di monologhi, duetta persino con voci registrate, stavolta, ma soprattutto, e simpaticamente, provoca i vegetali - noi - che ha davanti. Ha denti avvelenati da togliersi e lo fa visualizzando bambini morti, nominando i palestinesi, accusando(ci) di ipocrisia e non trovando altra strada possibile che quella di promuovere l'estinzione e il silenzio: interrompendo la comunicazione, come se questo rappresentasse l'unica fonte di salvezza e insieme la punizione che (ci) meritiamo.
E tutto ciò accade sotto fragorose risate e scroscianti applausi.
Perché il pensiero è affilato, la comicità onnipresente e non si può non riconoscere il genio che esiste dietro questa serie di sketch (e di attacchi) irresistibili, di cui diventa paradossale artefice anche l'inaspettato co-protagonista Daniele Cavaioli. Per Rezza, oltre che un compagno di scena, una spalla (un Capitano), Cavaioli è un vero e proprio strumento, una sfida. Senza entrare troppo nei dettagli - meglio accorgersene dal vivo - possiamo dire che quel suo apparire impreciso e fuori contesto, diventa per il performer un punto di forza e un'opportunità da cogliere a ripetizione, e la maggior parte delle volte in cui ci si ritrova a piangere dal ridere, infatti, è proprio per merito della sua sghemba collaborazione e dei suoi assist.
Ma insistere nello spiegare e nell'analizzare "Metadietro" (e Rezza in generale) resta, come accennato, un esercizio che tende a portare comunque al fallimento. L'unica affermazione sensata che si potrebbe fare è sostenere che di spettacoli come questo, in giro, se ne vedono zero, ed è il motivo per cui vale la pena fare un salto e goderne, sperimentando(lo).
Cosa che, spassionatamente e personalmente, chi scrive, vi consiglia.
Lo spettacolo "Metadietro" è in programmazione al Teatro Vascello di Roma dal 2 dicembre all'11 gennaio


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