Split - La Recensione

Split Shyamalan
Doveva essere Leonardo DiCaprio il primo a portare sul grande schermo la storia di Billy Milligan: l’uomo con 24 personalità diverse, affetto da disturbo dissociativo dell’identità, accusato di aver rapito e stuprato tre studentesse universitarie e poi assolto per infermità mentale. Doveva essere appunto, perché evidentemente quando fu annunciato l’interesse dell’attore nel volersi cimentare in quest’impresa attoriale ai limiti dell’incredibile, il regista M. Night Shyamalan non ha resistito alla notizia e ha cominciato a documentarsi sulla vicenda, partorendo una sceneggiatura che, per quanto cerchi di prenderne le distanze, con Billy Milligan e le sue deviazioni condivide più di quanto ci si aspetti.

Con grande disapprovazione, forse, da parte del redivivo Leo succede allora che ad anticiparlo sui tempi e sulla difficoltà d'approccio al personaggio sia il suo collega James McAvoy, che in “Split” pur interpretando il ruolo del fittizio Kevin, deve vedersela con ben 23 alter ego, pronti ad alzarsi a turno dalla poltrona della sua mente e a prendere il centro del palco dominandolo con comportamenti e azioni non del tutto innocue. Frattura psicologica che anche qui, guarda caso, porta ad un rapimento e a una segregazione di tre studentesse, le quali tuttavia non rischiano alcuno stupro o violenza, perché parte di un piano totalmente folle e paradossale che Danny, la personalità di Kevin giudicata dalla sua psicanalista come peggiore e ora entrata prepotentemente al comando, ha intenzione di portare a termine, sfidando qualunque tipo di scetticismo circostante. Ed è esattamente attraverso questa variazione sul tema che Shyamalan lascia intendere di voler deporre le armi e non plagiare un progetto già in fase di produzione, rubicchiando spunti magari in maniera un po’ esagerata, ma mantenendo quell'orientamento da regista horror che, nonostante la dominanza da thriller psicologico, la sua pellicola conserva e coltiva gelosamente. Ogni approfondimento di natura scientifica, medica o filosofica alla quale si concede, infatti è puramente debito a giustificare le evoluzioni future di una trama per nulla avida a farsi saccente sulla materia, ma determinata solamente a chiarificare allo spettatore-medio dettagli e tesi più o meno certificate, utili a rendere "credibili" i vari passaggi e le alterazioni pianificate.

Split McAvoyResta comunque un film basato sulla tensione “Split”, sulla prova attoriale di un McAvoy che convince pur non entusiasmando al 100%: plausibilissimo come schizzato, eppure non in grado di incutere un timore feroce abbastanza da divenire protagonista e trapassare lo schermo. Tutto sommato, però, quella di Shyamalan resta un’idea divertente, capace di mettere in piedi momenti di grande effetto e d’intrattenere a larghe falcate, questo almeno fino a quando un terzo atto, onestamente eccessivo al punto da risultare ridicolo, non funge da zappa sui piedi facendo franare quanto di buono costruito fino a quel momento. Il che è una notizia, se pensiamo a quanto i terzi atti, molto spesso, siano stati il fiore all’occhiello e asso nella manica del regista e autore de “Il Sesto Senso”, il quale, nel caso specifico, pare invece voler guardare dritto ai film di serie b, non trovando quell’impatto da brividi e sconvolgente che il suo pubblico ormai si aspetta e che avrebbe reso questa sua ultima fatica il secondo passo in avanti dopo “The Visit”.

Fortunatamente, scivolone compreso, bocciare in toto “Split” sarebbe comunque azione fin troppo crudele e immeritata. Senza dubbio si tratta di un mezzo passo indietro rispetto alla ripresa dello scorso anno: una prova non positiva, ma neppure così negativa da rigettare ombre su un regista che sta provando con tutto sé stesso a rimettersi in carreggiata e a ritrovarsi. Certo è, che le sensazioni di fiducia che ci aveva restituito all’inizio il binomio Shyamalan-Blum ora appaiono assai meno solide e promettenti, nuovamente annebbiate da quelle nuvole grigie che neppure l'autocitazione inserita nel finale e degna dei tempi d'oro, può aiutare a schiarire e a mettere da parte.

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