Era stato lo stesso Sidney Sibilia a fornire dei riferimenti per inquadrare meglio l’operazione dedicata alla prosecuzione (doppia) di "Smetto Quando Voglio". Aveva apertamente dichiarato che sarebbe stato un blockbuster all’italiana; che non avrebbe guardato più alla serialità televisiva e basta, ma che avrebbe esteso il suo raggio d’azione anche a quella cinematografica: nello specifico prendendo come riferimento l’archetipo per eccellenza targato Marvel. La verità, però, è che se davvero qualcuno ci chiedesse di trovare un titolo hollywoodiano da paragonare a questo "Smetto Quando Voglio: Masterclass", l'unico che si avvicini davvero sia al progetto in sé, che alle sensazioni suscitate in visione, sarebbe probabilmente l'inaspettato "Prometheus" di Ridley Scott.
Una scelta singolare, che a primo impatto non avrebbe nulla a che spartire con la banda di ricercatori universitari e le smart drugs che inizialmente sintetizzavano e vendevano, e che adesso - in collaborazione con la polizia e nella speranza che quest’ultima gli ripulisca la fedina penale - rintracciano e denunciano. Eppure, in “Smetto Quando Voglio: Masterclass”, la sorpresa di tornare laddove pensavamo non ci fosse nient’altro da esplorare è la stessa che si avvertiva nel prequel di “Alien”. E persino la curiosità di vedere le evoluzioni di un universo che, al contrario dei pronostici, pare avere ancora dei livelli inesplorati da mostrare, è identica: con la voglia di alterare le nostre certezze, rimescolandole e rielaborandole. Serie di relazioni che trovano il culmine in un sospeso che è protagonista assoluto di questo secondo capitolo, tanto quanto lo era nella pellicola di Scott e imprescindibile, quindi, da quel terzo "Ad Honorem", già girato e in fase di montaggio (e previsto in autunno).
E allora si, quando ogni nodo viene al pettine, seppur con forme diverse dalle premesse, l'impressione è davvero quella di trovarci di fronte a un fenomeno singolare per il nostro cinema, un fenomeno a cui non siamo abituati e che nel suo rivelarsi - è normale - riesce a stupire e a stimolare divertimento nello spettatore.
Però, rispetto a quel che fu, è da approcciare in maniera piuttosto diversa questa nuova avventura: perché adesso tutto si è fatto molto più grande, più studiato e pensato non per impressionare o sperimentare, come in principio, ma per accontentare la fame e la sete di chi sta dall'altra parte (noi). Missione che Sibilia e tutto il suo team accettano e portano avanti, chiaramente, con lo stesso entusiasmo che li ha contraddistinti, sebbene ogni tanto l'andare a strusciare contro quei paletti, prima assenti, e farsi qualche graffio, sia un effetto collaterale inevitabile (se non addirittura messo in conto). Allarga la banda "Smetto Quando Voglio: Masterclass", aggiunge tre cervelli in fuga - che proprio in fuga non sono - e si inventa una sceneggiatura che strizza abbondantemente l'occhio a "Romanzo Criminale": con "delinquenti" e Stato che vanno a braccetto per lavare ognuno le mani sporche dell'altro (un'aggancio obiettivamente lineare, intelligente e che ha persino del sapore Storico).
Insomma, all'improvviso tutto sembra avere criterio; tutto sembra non solo calzare, ma quasi essere sempre stato calcolato e previsto in partenza: così come la rettifica di quel paio di scene che avviene in apertura, in cui si va a modificare un po' la prospettiva di ciò che ricordavamo, pur mantenendone la solidità.
Una scelta singolare, che a primo impatto non avrebbe nulla a che spartire con la banda di ricercatori universitari e le smart drugs che inizialmente sintetizzavano e vendevano, e che adesso - in collaborazione con la polizia e nella speranza che quest’ultima gli ripulisca la fedina penale - rintracciano e denunciano. Eppure, in “Smetto Quando Voglio: Masterclass”, la sorpresa di tornare laddove pensavamo non ci fosse nient’altro da esplorare è la stessa che si avvertiva nel prequel di “Alien”. E persino la curiosità di vedere le evoluzioni di un universo che, al contrario dei pronostici, pare avere ancora dei livelli inesplorati da mostrare, è identica: con la voglia di alterare le nostre certezze, rimescolandole e rielaborandole. Serie di relazioni che trovano il culmine in un sospeso che è protagonista assoluto di questo secondo capitolo, tanto quanto lo era nella pellicola di Scott e imprescindibile, quindi, da quel terzo "Ad Honorem", già girato e in fase di montaggio (e previsto in autunno).
E allora si, quando ogni nodo viene al pettine, seppur con forme diverse dalle premesse, l'impressione è davvero quella di trovarci di fronte a un fenomeno singolare per il nostro cinema, un fenomeno a cui non siamo abituati e che nel suo rivelarsi - è normale - riesce a stupire e a stimolare divertimento nello spettatore.

Insomma, all'improvviso tutto sembra avere criterio; tutto sembra non solo calzare, ma quasi essere sempre stato calcolato e previsto in partenza: così come la rettifica di quel paio di scene che avviene in apertura, in cui si va a modificare un po' la prospettiva di ciò che ricordavamo, pur mantenendone la solidità.
Ma allora cos'è che rende tutto ciò sospeso? Da dove vengono quei graffi?
I graffi vengono dalla gestione di un villain che, tirando le somme, in questo frangente viene a mancare tanto, immensamente. Un villain che Sibilia preferisce annunciare (lo vediamo), ma non rivelare in tutta la sua interezza, per tenerselo caldo in attesa dello scontro finale che andrà a chiudere, poi, ufficialmente la saga. Ciò costringe "Smetto Quando Voglio: Masterclass" a rinunciare alla compiutezza totale che aveva il suo predecessore; a dilatare un tantino la sua prima parte e a recuperare terreno nella seconda: quella in cui - appunto - l'azione migliore comincia a venir fuori e ad innescare la golosità scalpitante dello spettatore.
Il quale, per sfamarsi, tuttavia dovrà attendere con pazienza l'arrivo del prossimo anno.
Il quale, per sfamarsi, tuttavia dovrà attendere con pazienza l'arrivo del prossimo anno.
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